«L’opportunità della settimana corta va connessa al progresso tecnologico, all’evoluzione organizzativa nelle imprese, ad incrementi di produttività collegati a percorsi di formazione permanente dei lavoratori». Per il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, lo Stato potrebbe favorire questo processo «incentivando gli accordi aziendali per la riduzione dell’orario o il part-time agevolato». La riduzione dell’orario di lavoro «è una ricetta che la Cisl ha storicamente sempre sostenuto fin dagli anni settanta per accompagnare le trasformazioni tecnologiche, ridistribuendo il lavoro in modo da salvaguardare occupazione, aumentare i salari, rilanciare la produttività», ha sottolineato in una lunga intervista a “Il Mattino”.
Sbarra chiede «di aprire una fase sperimentale, individuando 100 imprese grandi e medie dove trasformare, su base volontaria, accordi di produttività in riduzione oraria» specificando che «già molte aziende in Italia stanno praticando questa strada che potrebbe essere esportata in tutti gli stabilimenti del gruppo Stellantis a cominciare da quelli nel Mezzogiorno». Sbarra si è anche espresso sulla modifica della governance del Pnrr e della Politica di Coesione, parlando di un «“blitz” che non è piaciuto alla Cisl prima di tutto nel metodo, perché è intervenuto in modo unilaterale su strumenti negoziati con le parti sociali.
«Ma poi» ha precisato il leader sindacale «senza una governance partecipata dal sindacato e dalle imprese, senza una bussola sociale agli investimenti, il Pnrr rischia di trasformarsi nella più grande occasione persa degli ultimi 50 anni. Lo diremo proprio oggi al ministro Fitto: al di là del Pnrr, serve chiarezza per capire che ruolo si vuole dare al dialogo sociale. Su pensioni, salute, sicurezza, contrasto all’inflazione, fisco, investimenti, il governo sembra dare segnali di letargia. Alcuni tavoli sono partiti, ma la qualità del confronto è calata, inutile negarlo».
Il numero uno di via Po è poi tornato a commentare la stretta sul Superbonus ribadendo che «si rischia uno shock su moltissime imprese edili, con effetti pesantissimi sull’occupazione. Il governo ed il Parlamento devono cambiare e migliorare la norma. Bisogna trovare una soluzione equilibrata per disincagliare i crediti fiscali di quanti hanno regolarmente effettuato i lavori, spingendo sull’acquisto da parte di banche e altri attori economici. I bonus edilizi sono stati e restano strumenti importanti per la ripartenza dell’economia e del lavoro: l’errore è stato quello di non collegarli in modo strutturale alle fasce di reddito più deboli ed alle classi energetiche più basse, con particolare riguardo all’edilizia popolare».








