Negli ultimi anni “extraprofitti” è uno dei termini più usati per caratterizzare imprese i cui risultati economici sono ampiamente positivi.
Si è iniziato all’epoca del Covid da parte del governo Draghi con il settore energetico.
Ma di cosa si tratta più rigorosamente? Gli extra profitti sono i profitti superiori a quelli normali, questi ultimi associati a un rendimento normale del capitale investito.
Perciò, per individuare gli extraprofitti, occorre prima individuare quelli normali, applicando alla valorizzazione del capitale investito il tasso di rendimento normale, inclusivo del rischio specifico dell’impresa, e sottrarli dai profitti totali.
I profitti normali dipendono dalle scelte tecnologiche delle imprese: maggiore lo stock di capitale, più elevati i profitti normali.
La differenza tra profitti conseguiti e profitti normali, che può essere anche negativa, dipende invece dal grado di concorrenza prevalente nel mercato e dalla bontà delle scelte strategiche delle imprese, anche se questi due fenomeni influenzano gli extra profitti in maniera diversificata.
In particolare, se si osservano extra profitti persistentemente positivi a livello settoriale, le strategie delle imprese contano relativamente poco (essendo esse differenziate tra un’impresa e l’altra) e la loro causa principale è la scarsa concorrenza.
Nel caso delle banche, la ridotta rivalità che le caratterizza in Italia dipende da tre fattori strutturali:
- l’elevato grado di concentrazione che si è venuto a creare con poche banche rimaste dalle decine e decine esistenti nel secolo scorso e gli scarsi ingressi nel mercato di imprese innovative, anche se recentemente si osservano segnali incoraggianti soprattutto nel mercato dei sistemi di pagamento;
- una clientela caratterizzata da notevole inerzia nei comportamenti e poco attenta alle alternative disponibili, rimanendo ancorata alla relazione contrattuale esistente;
- le informazioni sulla solidità dei prenditori a prestito rimangono confinate alla banca di cui sono clienti.
Ne conseguono tassi d’interesse elevati per i prestiti e condizioni poco favorevoli ai depositanti.
Da qui gli elevati profitti.
Il problema vero da risolvere è perciò la riduzione dei tassi d’interesse e il miglioramento delle condizioni offerte ai depositanti.
Aumentare la tassazione non aiuta, anzi può essere dannoso perché incentiva le banche a recuperare successivamente i profitti perduti tramite un ulteriore aggravio delle condizioni alla clientela.
La soluzione più efficace è invece promuovere una maggior concorrenza, coinvolgendo l’Antitrust per individuare le soluzioni regolatorie più opportune.
Ci sono nel mondo esempi virtuosi a cui ispirarsi, primo fra tutti il Regno Unito, dove da anni si è intervenuti attivamente per favorire una maggior concorrenza nel settore bancario.








