“Il gelo demografico non è un fenomeno stagionale ma strutturale, con ricadute molto pesanti. In demografia, quando si manifesta un cambiamento, c’è alle spalle un metabolismo di decenni. Per affrontare questi fenomeni occorrono risposte drastiche e immediate. È come quando in mare si vuole cambiare rotta a un transatlantico. La massa è tale che i piccoli aggiustamenti sono inutili. Servono tempi lunghi”.
“Possiamo essere orgogliosi del nostro Paese per quanto è attrezzato sul piano dell’analisi e della ricerca in questa materia. Ma dobbiamo anche essere consapevoli che non c’è tempo da perdere, non possiamo inseguire il cambiamento demografico. Il problema che abbiamo di fronte non riguarda il futuro ma il presente”.
Così il presidente del CNEL, Renato Brunetta, al convegno “Il cambiamento demografico nella realtà italiana: prospettive, cause e conseguenze”, organizzato da INAPP a Villa Lubin.
NO INTERVENTI PARZIALI, SERVONO AZIONI DI SISTEMA
“Per affrontare i cambiamenti demografici gli interventi parziali non bastano. Servono azioni di sistema. Riprendiamo il concetto del ‘ciclo di vita’. Valorizziamo il modello di Beveridge ‘dalla culla alla bara’. Serve un approccio olistico, a 360 gradi. È l’approccio del patto intergenerazionale. Su questo c’è anche il pieno consenso delle parti sociali”.
PUNTIAMO A EQUILIBRIO INTERGENERAZIONALE DI TIPO ESPANSIVO
“Abbiamo una grande occasione: arrivare a un equilibrio intergenerazionale di tipo espansivo. Nonostante l’andamento positivo degli indicatori del mercato del lavoro, rimaniamo il fanalino di coda tra i Paesi più avanzati, con uno scarto in meno di circa tre milioni di occupati rispetto agli Stati del Nord Europa. Si tratta soprattutto di donne, residenti nel Mezzogiorno. Ecco la vera sfida: puntare ad avere tassi di occupazione comparabili con quelli del Nord Europa”.
“Dobbiamo riuscire a mettere in atto tutte le strategie di riequilibrio intergenerazionale, collegandole alle politiche per recuperare questo scarto sul piano del mercato del lavoro. Questo deve essere il nostro obiettivo”.
SE NON CI SONO GIOVANI NON CI SONO NEANCHE NUOVE IMPRESE
“La crisi demografica determina una perdita continua non solo di forza lavoro ma anche di competenze. Una perdita silenziosa, che colpisce il capitale umano. E se si perde capitale umano si perde in competitività”.
“La crisi demografica si riflette sulla demografia delle imprese. Un Paese come il nostro, noto per avere tassi di natalità delle imprese molto alti e tassi di mortalità molto bassi, si ritrova ora in una situazione diametralmente opposta. Perché, se non ci sono giovani non ci sono neanche nuove imprese”.








