Si continua a discutere della possibilità di continuare la campagna vaccinale, con una dose in più di vaccino, ma al momento «non è detto» che sarà necessaria. Lo afferma Guido Rasi, professore ordinario di Microbiologia all’Università di Roma Tor Vergata, ex direttore dell’Ema e consulente per l’emergenza del generale Figliuolo. «Presto arriveranno i primi dati di studio e ne sapremo di più» aggiunge.
Intanto Israele, Stati Uniti e Francia partono con la terza dose.
«Lo fanno senza dati, ma se il dibattito diventasse troppo complesso sarebbe giusto prendersi qualche responsabilità secondo l’esperienza del passato e la migliore evidenza scientifica». In Italia, sottolinea, intanto «la macchina commissariale sta lavorando sulla logistica» per essere pronta per partire «entro fine anno per alcune categorie» afferma in un’intervista a La Stampa.
«Non credo ci si rivaccinerà tutti, ma personale sanitario e fragili sì. Poi si valuterà la discesa per età. Diciamo che se i dati confermassero l’utilità della terza dose tra il nono e il dodicesimo mese dalla seconda bisognerebbe pensare di farla» sottolinea.
Ed una nuova variante potrebbe complicare lo scenario: «La Delta al momento viene contenuta, anche se secondo dati preliminari l’immunità durerebbe un po’ meno e con qualche differenza tra i vaccini: AstraZeneca proteggerebbe meno, ma durerebbe di più. Moderna proteggerebbe di più e più a lungo. Pfizer starebbe in mezzo».
La terza dose si farebbe con lo stesso vaccino?
«È una delle domande in sospeso, ma sarebbe meglio cambiare vaccino per allenare il sistema immunitario».
E chi ha fatto il monodose Johnson&Johnson?
«Farebbe una seconda dose eterologa».
Sarebbe utile il test anticorpale per valutare se si ha bisogno della terza dose?
«Molto, ma non si sa quale sia il livello anticorpale sopra cui ci si possa classificare immuni. O si scopre entro breve o si potrebbe decidere un valore di riferimento arbitrario, ma ragionato».
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