Mi sarebbe piaciuto avere come allieva Maddalena Bianchi, la studentessa che ha utilizzato il “palco“ della prova orale di maturità per dire quello che pensa sulla scuola. Non si è rifiutata di sostenere l’esame orale di maturità per paura o perché non era d’accordo sul tipo di esame , ma per fare capire ai suoi prof e al mondo intero che cosa non va della scuola . Ha voluto raccontare che cosa è rimasto fuori da quelle aule nei 5 anni di Liceo .
L’ammiro per questo e penso sia giusto ascoltare quello che chiede : “ Ho fatto un discorso ai professori, me l’ero preparato a lungo. Ho provato a descrivere nel dettaglio quello che secondo me a scuola non funziona. Ho provato a spiegare che, sebbene nella mia scuola la parte relativa alla preparazione sia stata ottima, ritengo che sia mancata totalmente l’attenzione alle persone. Il focus dei docenti è sempre stato sui voti. Io non ho mai avuto grossi problemi, ero una ragazza tranquilla, coi voti nella media. Ma non c’è mai stata la voglia di scoprire la “vera me” da parte dei docenti».
Maddalena ha messo in luce il cuore della scuola , quel rapporto che si può costruire ogni giorno tra docenti e studenti perché , attraverso quello che si studia, si possa scoprire se’ e la realtà che ci circonda . Quella di Maddalena è una domanda profonda che va oltre la questione di un esame che comunque è previsto dalla nostra Costituzione. Non c’entra nulla con le rivendicazioni dei sindacati degli studenti pronti a usar tutte le occasioni per andar contro in modo strumentale al Ministro.
Se fossimo in Gran Bretagna l’esame finale non ci sarebbe perché in UK non esiste il valore legale del titolo di studio , ma da noi questo esame è richiesto e va fatto lo sforzo di dargli un senso. Ma la domanda di Bianca è più ampia , mi ricorda quella di Tullia , una mia alunna che , più di 20 anni fa, mi chiese con grande serietà : “preside , lei mi deve spiegare perché devo dedicare 1563 ore all’anno della mia vita alla scuola . Se quello che studio non c’entra con me sono 1563 ore di vita buttate”.
La domanda di Tullia mi ha “costretto” a spiegare che cosa significa veramente la parola scuola che deriva dal greco skole’, un termine che significa “ tempo libero” . Dedicarsi allo studio un tempo era un privilegio per pochi . Ed è questo privilegio che dobbiamo riscoprire insieme, studenti e docenti. Penso che la domanda di Bianca riguardi il motivo profondo di quella “ dispersione implicita” evidenziata pochi giorni fa dai risultati INVALSI.
Sarebbe stato bello ragionare con Bianca fin dai suoi primi giorni di scuola di che valore hanno le prove e i voti , quegli indicatori che dovrebbero aiutare a capire il percorso che è stato fatto , i propri punti di forza e di debolezza . A questo servono le prove . Sono delle occasioni per crescere, perché senza avere un punto di riferimento esterno è difficile capire a che punto si è e come migliorare .








