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Povertà: rischio più alto tra i lavoratori autonomi che tra i dipendenti. Ulteriori danni con i dazi americani | L’analisi di Cgia

Tra tutti i nuclei che hanno come capofamiglia un lavoratore autonomo, il rischio povertà o di esclusione sociale è al 22,7%, mentre la quota riferita a tutte le famiglie con alla guida un lavoratore dipendente è inferiore e pari al 14,8%.

Se negli ultimi decenni c’è stata una progressiva riduzione del potere d’acquisto dei salari, che ha spinto verso l’area dell’indigenza molti operai e impiegati con bassi livelli di inquadramento contrattuale, ai lavoratori autonomi le cose sono andate molto peggio.

Lo sostiene l’ufficio studi della Cgia. I fatturati hanno subito delle forti contrazioni e, conseguentemente, la qualità della vita delle partite Iva ha subito un deciso aggravamento, dice la Cgia.

In Italia il numero dei lavoratori indipendenti è stimato in 5.170.000 unità. Di questi, poco meno della metà opera in regime dei minimi. Si tratta di attività economiche senza dipendenti e senza alcuna organizzazione d’impresa con un fatturato annuo al di sotto degli 85mila euro.

Insomma, una partita Iva che fa dell’autoimprenditorialità la sua ragione lavorativa. È il caso di tanti giovani, donne e persone in età avanzata, soprattutto del Mezzogiorno, che sbarcano il lunario con piccoli lavori e consulenze senza disporre di alcun ammortizzatore sociale o sostegno pubblico.

Soggetti che faticano a incassare le proprie spettanze e che, nella stragrande maggioranza dei casi, si trovano in condizioni economiche molto fragili e, quindi, a forte rischio di povertà o di esclusione sociale.

Negli ultimi 20 anni il reddito degli autonomi è sceso del 30%, mentre quello dei lavoratori dipendenti è diminuito dell’8%. Per i pensionati, invece, il dato è rimasto pressoché stabile.

I dazi, aggiunge la Cgia, provocheranno danni anche a molti lavoratori autonomi. Dal momento che non lavorano direttamente con i mercati stranieri e che sono pochissimi coloro che operano nelle filiere produttive coinvolte nelle esportazioni, i lavoratori autonomi non dovrebbero subire effetti negativi dall’introduzione dei dazi annunciati nei giorni scorsi dal presidente Trump.

Tuttavia, le cose potrebbero andare anche diversamente. Se le misure protezionistiche introdotte dall’amministrazione statunitense dovessero provocare una flessione della crescita economica e un incremento dell’inflazione anche in Italia, gli autonomi più fragili potrebbero essere tra i lavoratori più danneggiati.

Ecco perché è necessario, dove possibile, diversificare i mercati di vendita all’estero dei prodotti e rilanciare la domanda interna, attraverso la messa a terra del Pnrr e una ripresa dei consumi che potrebbe essere agevolata proseguendo nella riduzione delle imposte a famiglie e imprese.

In termini assoluti, tutta la popolazione a rischio povertà o esclusione sociale presente in Italia è pari a 13,5 milioni di persone (23,1% del totale abitanti). Di questi, 7,7 milioni (pari al 57% del totale) sono residenti nel Mezzogiorno.

La regione che ne conta di più è la Campania con 2,4 milioni. Seguono la Sicilia con 1,9; il Lazio con quasi 1,5; e la Puglia con 1,46.

Se, invece, si prende come riferimento la percentuale a rischio povertà sul totale abitanti, la regione con la quota più elevata è la Calabria (48,8%). Seguono la Campania (43,5%), la Sicilia (40,9%) e la Puglia (37,7%).

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