Oltre al problema della capacità di spesa e di attuazione dei progetti del Pnrr, sollevato da numerosi esponenti governativi e tecnici, c’è un dubbio che aleggia tra gli osservatori: quali sono gli interessi sulla parte di prestiti (122,6 miliardi di euro su un totale di 191,5 miliardi) chiesti dall’Italia? E, secondo interrogativo, conviene oggi prendere in prestito quei soldi con i tassi di interesse in crescita costante (oggi il tasso principale della Bce è al 3,50%)?
Oggi il capo economista della Bce, Philip Lane, ha detto chiaramente in un’intervista a Le Monde che “non è ancora il momento” di porre fine agli aumenti dei tassi di interesse. Ieri il governatore della Banca centrale del Belgio, Pierre Wunsch, membro del consiglio direttivo dell’Eurotower, intervistato dal Financial Times ha osservato: “Non mi stupirei se un certo punto dovessimo arrivare al 4%. Stiamo aspettando che la crescita dei salari e l’inflazione core scendano insieme all’inflazione primaria, prima di poter arrivare al punto in cui possiamo fare una pausa”. A marzo i prezzi al consumo nella zona euro sono aumentati del 6,9% su base annua. Si tratta del tasso più basso registrato da un anno, e ben al di sotto del picco del 10,6% toccato a ottobre.
I tassi ai quali l’Europa presta i soldi per realizzare i progetti sono a “condizione agevolata” ma, in realtà, non sono definiti in anticipo. Vengono comunicati al Tesoro in una ‘confirmation notice’ in cui sono elencate le spese di finanziamento da rimborsare un paio di settimane prima che il prestito venga effettivamente erogato. Per le prime tranche non sono state rese pubbliche. L’Ue ha spiegato che con le garanzie messe insieme dai vari Paesi, i tassi sono migliori di quelli sul mercato o che verrebbero concessi al singolo Stato. Alla luce delle dichiarazioni di diversi esponenti della Bce, i tassi di interesse europei dovrebbero continuare a salire e, di conseguenza, i prestiti legati al Pnrr che arriveranno tra sei mesi o un anno potrebbero essere a condizioni peggiori di quelli che ottenuti oggi con un Btp per finanziare lo stesso programma.
Al problema della rimodulazione dei costi delle opere stesse causato dall’inflazione, quindi, c’e’ quello della convenienza di un prestito che conveniva ieri, quando i tassi erano a zero, meno oggi al 3,5% e ancor meno domani quando probabilmente saranno al 4% o anche oltre. Cio’ ha fatto si’ che, in diversi casi, le amministrazioni che avevano ottenuto l’inserimento di progetti nel Pnrr abbiano deciso di rinunciare al finanziamento europeo a causa dei costi ritenuti troppo elevati, dovuti proprio all’aumento dei tassi di interesse disposti dalla banca centrale.
Il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ha sottolineato recentemente tali criticità e da tempo ha affermato che i Comuni sono preoccupati “per l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi dell’energia, posto che le risorse che sono state stanziate con il Pnrr non bastano più per gli interventi che abbiamo presentato al governo attraverso i bandi”. In particolare, l’attuale tasso di inflazione rappresenta un grave rischio per il Pnrr, rendendo in molti casi necessaria una inevitabile revisione, anche sostanziale, dei progetti già avviati e dei loro tempi di realizzazione.








