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Perché Trump vuole la tregua tra Iran e Israele | L’analisi di Maurizio Molinari

“La guerra dei dodici giorni Israele-Iran termina con il programma nucleare degli ayatollah azzoppato, il regime di Teheran ancora in sella e, soprattutto, il presidente Usa Donald Trump garante di un cessate il fuoco attorno a cui è intenzionato a costruire la rischiosa scommessa di un nuovo equilibrio di forze in Medio Oriente.”

Lo scrive Maurizio Molinari su Repubblica, spiegando che “per comprendere la determinazione con cui Trump difende la tregua fra i co-belligeranti, spingendosi ieri ad ammonirli verbalmente a evitare ogni sorta di violazioni, bisogna tener presente tre fattori convergenti. Primo: si tratta di un risultato concreto in politica estera ottenuto dal presidente da quando si è insediato perché né sull’Ucraina né su Gaza è finora riuscito a far tacere le armi come aveva promesso agli elettori, dunque il cessate il fuoco Israele-Iran diventa da subito un vero test di leadership. Secondo: la tregua è un risultato che la Casa Bianca ha costruito nelle ultime 72 ore, prima con il raid aereo sugli impianti nucleari iraniani di Natanz, Isfahan e Fordow, poi riuscendo a contenere — grazie a Qatar e Russia — la reazione militare iraniana contro la base Usa a Doha, e infine negoziando fra Gerusalemme e Teheran la sospensione di una feroce guerra aerea. Terzo: la Casa Bianca ora scommette sulla possibilità che la tregua possa innescare un domino di conseguenze positive nella regione, da un’intesa su cessate il fuoco e ostaggi a Gaza all’allargamento degli Accordi di Abramo all’Arabia Saudita.”

“Anche per Putin è un successo – sottolinea Molinariperché è riuscito a evitare un cambio di regime in Iran come quelli subiti in Libia nel 2011 e in Siria nel 2024 che lo hanno privato di alleati strategici come Muammar Gheddafi e Bashar Assad.”

“Ma poiché siamo in Medio Oriente, dove ogni previsione può essere smentita perché gli attori giocano sempre su più tavoli, Trump si espone anche a grandi rischi scegliendo questo teatro come test della propria leadership globale. Innanzitutto perché Israele e Iran restano nemici mortali, non hanno rinunciato a mettere ko l’avversario e l’ipotesi che possano coesistere anche solo nel brevissimo termine — pur in un equilibrio di terrore — è una scommessa proibitiva. E in secondo luogo in quanto il regime degli ayatollah sembra in bilico: decapitato dei leader militari, con i pasdaran decimati, gli impianti nucleari in gran parte demoliti e Khamenei impegnato a designare i possibili eredi, può sopravvivere allo scontento dei cittadini solo affidandosi alla repressione.”

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