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Per il PNRR è il momento dell’operazione “verità” | L’analisi di Luca Iezzi

Luca Iezzi su Repubblica chiede “un’operazione verità” sul Pnrr che, scrive l’editorialista, “ha avuto tanti genitori per poi finire orfano. Conte, Draghi, Fitto ne hanno difeso potenzialità e virtù.

Ma non lo hanno sostenuto solo i governanti di turno, scorrendo le dichiarazioni degli ultimi anni troverete una lista lunghissima: di soggetti e istituzioni che hanno dipinto il Pnrr come un’occasione storica per l’Europa e per tutti i Paesi dell’Unione. Nel caso dell’Italia addirittura unica per uscire dalla trappola della bassa crescita.

Ecco, il vero interesse degli italiani e la funzione del piano nazionale di ripresa e resilienza si sono un po’ persi di vista.

A cosa serve il Pnrr? Dopo anni di retorica (e pratica) sull’Europa “matrigna” il Pnrr sembrava proprio un libro dei sogni.

Ben 194 miliardi per realizzare (e finanziare) entro il 2026 ciò che in Italia non si riusciva a fare mai.

Quale partito politico non sottoscriverebbe un programma così?

Quale partito non vincerebbe le elezioni sostenendolo?

E invece basta grattare appena sotto le dichiarazioni ufficiali per capire che sulla capacità del Pnrr di ottenere i risultati promessi ormai credono in pochi.

E così sta diventando un’arma contundente: le opposizioni la brandiscono per sottolineare le mancanze e le divisioni nel governo mentre la maggioranza gioca in difesa, perché – osserva Iezzi – conta di più non essere considerati responsabili del fallimento del Pnrr che intestarsene il successo.

Non si spiega diversamente il fatto che gli stessi numeri ufficiali: 122 miliardi incassati e 64 spesi siano un ‘primato europeo’ (versione Palazzo Chigi) e contemporaneamente un campanello di allarme da far suonare da subito a Bruxelles chiedendo una proroga di almeno un anno (versione del ministero dell’Economia).

Fanno bene il Pd e gli altri partiti a chiedere chiarezza, ma solo se il loro scopo è quello di salvare gli asili nido, completare le linee ferroviarie, contrastare il dissesto idrogeologico.

Ovvero tutti quei capitoli in bilico che, sono ben chiari al governo, ma che curiosamente non sono evidenziati nella relazione sullo stato di attuazione.

Chiedere una proroga può essere una strada, se l’Europa lo consente, se l’Italia ha un piano chiaro e sostenibile per non perdere davvero quei soldi e non solo per rimandare sul prossimo governo lo stigma del fallimento e agitare poi, magari a parti invertite, la stessa retorica di sempre.”

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