Gli aumenti dei tassi Bce hanno avuto un ruolo importante nell’ancoraggio delle aspettative di inflazione al 2%, ma l’impatto sull’economia attraverso il credito potrebbe farsi sentire ancora a lungo a causa dell’effetto ritardato della politica monetaria.
C’è così il rischio di un danno non necessario per l’economia, considerando che l’inflazione è già tornata vicino al 2%, soprattutto a causa del calo dei prezzi dell’energia.
Questi temi sono stati affrontati in un’analisi pubblicata ieri dalla Banca d’Italia e scritta da Stefano Neri, capo del servizio di politica monetaria di Via Nazionale.
Neri ha analizzato le cause dell’aumento dell’inflazione nell’Eurozona nel biennio 2021-22 e la risposta senza precedenti della politica monetaria della Bce.
L’economista, scrive MF-Milano Finanza, ha evidenziato che l’inflazione è salita in gran parte a causa di fattori dell’offerta, mentre “l’impatto dell’inasprimento della politica monetaria attraverso il settore bancario potrebbe rafforzarsi e influenzare la domanda aggregata nei prossimi due anni”.
La trasmissione della politica monetaria dovrebbe raggiungere il picco nei prossimi mesi e poi continuare a incidere sulla domanda.
La Bce ha interrotto gli aumenti dei tassi a settembre.
Il primo taglio dovrebbe arrivare a giugno, secondo le attese degli analisti, anche se la manovra potrebbe essere discussa ad aprile.








