La Gran Bretagna a guida laburista – osserva Luca Diotallevi sul Messaggero – sta prendendo molto sul serio l’urgenza di aggiornare la propria capacità militare, nucleare incluso. La Germania del democristiano Merz si è proposta di costruire il più potente esercito dell’Europa continentale centro-occidentale e la commissione Ue della democristiana von der Leyen ha finalmente (ri)aperto la strada alla realizzazione di una seria capacità difensiva della Unione Europea. Il Giappone continua con decisione sulla via già intrapresa qualche anno fa con la modifica della propria Costituzione e l’avvio di un serio programma di riarmo.
L’Australia sta facendo altrettanto. Persino in Italia si sta cominciando a parlare seriamente di un 5% di Pil speso in difesa (il che significa in difesa delle nostre vite e dei nostri diritti) ed in un contesto Europeo. Cosa tutta questa mobilitazione significhi lo hanno spiegato bene gli ucraini e gli israeliani. I primi hanno distrutto il 34% della flotta putiniana di bombardieri strategici (la quota è ancora più alta se si considerano i soli velivoli russi effettivamente in grado di volare). I secondi hanno attaccato a fondo l’arsenale nucleare militare iraniano, ormai denunciato anche dall’Onu. Il significato di questi atti è chiaro. Ucraini e israeliani hanno realizzato che i tentativi diplomatici messi in atto dagli statunitensi non erano in grado di garantire quanto promesso.
Intanto la Cina vince round dopo round della «guerra dei dazi» con gli Usa. In breve, a livello globale l’Occidente non è affatto svanito. Si sta riorganizzando; non senza l’America – sarebbe folle –, ma facendo realisticamente i conti con l’America: con quanto non garantisce più, con quanto garantisce ancora, con quanto promette e anche con quanto è effettivamente in grado di mantenere. Il che non esclude affatto che alcuni tentativi di riorganizzazione siano inefficaci o inaccettabili, come nel caso della mancanza di proporzionalità nella azione di Israele a Gaza.








