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Migranti, mancano strategie | L’analisi di Angelo Panebianco

L’Europa – scrive sul Corriere della Sera Angelo Panebianco – è alle prese con una trasformazione epocale: quelle che erano un tempo società nazionali diventano con rapidità impressionante, o sono già diventate, società multietniche.

Tra non molto, anche in Italia, saranno numerosi e sempre più visibili, nelle professioni e anche, a poco a poco, in ruoli dirigenziali, i figli di immigrati di origine extraeuropea.

È il tema più politicamente incandescente che ci sia nelle democrazie occidentali: più di ogni altro divide l’opinione pubblica e influenza gli esiti delle consultazioni elettorali.

Troppo spesso le parti politiche lo affrontano con slogan rozzi, semplicistici (viva gli immigrati, abbasso gli immigrati) che nascondono i problemi e inducono a fughe dalla realtà.

La realtà è che la multietnicità è un fatto e che è da questa constatazione che bisogna partire per capire come tentare di governarla.

Se si vuole governarla bisogna porsi una domanda, l’unica che conti: come si fa a garantire (o a tentare di garantire) un futuro di pacifica convivenza fra persone di differente provenienza culturale?

Come si fa a far convivere persone con differenti credi religiosi, differenti esperienze alle spalle, differenti sensibilità, differenti modi di rappresentarsi il mondo esterno?

Per alcuni sembra che l’unico problema che conti sia la lotta all’immigrazione clandestina.

Se si riesce a limitarla, tutto andrà per il meglio.

Altri fanno un bel mischione, non distinguono fra clandestini e regolari, li vogliono accogliere tutti, regolari e irregolari (è la posizione dei più estremisti della “tribù” di sinistra) oppure li vogliono mandare via tutti (i più estremisti della “tribù” di destra).

Posizioni tutte quante irrealistiche adottando l’una o l’altra delle quali non si governa un bel niente.

Nei Paesi che hanno conosciuto la multietnicità prima di noi le politiche fin qui sperimentate hanno mostrato la corda: non ha funzionato il modello multiculturale (Gran Bretagna, Paesi Bassi) né quello assimilazionista (Francia).

Come indicano, in questi e negli altri Paesi europei, i tanti segnali di conflitti interetnici.

Poiché l’inverno demografico italiano rende ridicola l’idea che si possa fare a meno degli immigrati, occorre che un po’ di teste pensanti, quale che ne sia l’orientamento ideologico o ideale, comincino a riflettere sulle strategie da adottare per tentare di garantire a tutti una civile convivenza.

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