«Tanti paesi export sono importanti, ma gli Stati Uniti sono i più importanti, penso quasi per tutti i settori. Noi nel Paese abbiamo ancora una quota di export abbastanza limitata, 19-20%, ma comunque gli Stati Uniti sono stati il primo paese di esportazione extra-Ue nel 2024, il secondo paese dopo la Francia, con circa 100.000 prosciutti esportati negli Stati Uniti sui 450.000-480.000 esportati su base annuale. L’incertezza di questi mesi del 2025, con il dazio provvisorio al 10%, a dire la verità, è stata neutra per fortuna, non ha inciso in maniera significativa sull’esportazione».
Così Mario Emilio Cichetti, direttore del Consorzio del Prosciutto di San Daniele, commentando l’intesa sui dazi al 15% sui prodotti europei raggiunta tra Usa e Ue.
Per Cichetti, la spiegazione sta nel fatto «che i prosciutti crudi negli Stati Uniti sono quasi tutti italiani, Dop e non Dop, abbiamo comunque un posizionamento abbastanza consolidato negli anni del sistema italiano».
«I prosciutti crudi hanno un valore sul mercato di un certo tipo, sicuramente di alta fascia e probabilmente nelle negoziazioni sottostanti tra i vari soggetti, visto che ci sono circa 4 passaggi da produttore fino al commercializzatore americano, il dazio si è drenato. È quindi arrivato con un effetto limitato sul mercato, che da un punto di vista è un bene, da un altro è un male perché ovviamente in prospettiva si creano difficoltà sulla redditività», conclude.








