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Maria Cristina Messa, professoressa di Diagnostica all’Università di Milano-Bicocca: “Bene l’emendamento sui nuovi contratti di ricerca. Ora è importante valorizzare quanto fatto col Pnrr creando opportunità”

“Sono grata per l’emendamento sui nuovi contratti di ricerca, “perché la ricerca non può vivere senza la possibilità di variegare e soprattutto di adeguarsi a quelli che sono i bandi internazionali. Se i bandi internazionali prevedono determinate figure, noi dobbiamo essere in grado di averle queste figure. Il precariato qui, fra l’altro, non sarebbe stato risolto. Semplicemente diminuiva il numero dei precari perché se ne formano di meno. E non è quello il punto. Il punto è riuscire a dare ai precari dei percorsi di carriera, non crearne di meno, perché all’inizio in ricerca non c’è il tempo indeterminato, non c’è il tempo fisso come poteva accadere magari qualche anno fa. È un percorso di carriera impegnativo, duro, ma per il quale bisogna creare opportunità”.

Lo ha affermato Maria Cristina Messa, ex ministro dell’Università e della Ricerca, oggi professoressa ordinaria di Diagnostica per immagini e radioterapia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, che, a margine di un evento per i 50 anni del Centro diagnostico italiano nel capoluogo lombardo, ha commentato il recente ok in Commissione Cultura, Istruzione e Ricerca del Senato all’emendamento Occhiuto-Cattaneo al Ddl PNRR Scuola per l’introduzione dell’incarico post-doc e dell’incarico di ricerca.

“Come si possono supportare i giovani che cominciano un percorso di ricerca? Intanto possiamo farlo essendo sinceri, elencando le opportunità”, spiega Messa. “Oggi abbiamo tantissimi ricercatori a tempo determinato che sono stati reclutati per il PNRR, ne abbiamo veramente tanti. Le università non potranno assorbire questo numero di ricercatori e quindi bisogna fare dei patti forti con l’impresa o comunque con quegli enti che hanno intenzione di fare innovazione, perché il ricercatore porta innovazione. È chiaro che magari qualcuno ha delle aspettative o delle speranze diverse, ma si tratta di alzare l’asticella della qualità della nostra ricerca in Italia, non solo accademica ma anche industriale”.

“Più che preoccuparsi, bisognerebbe occuparsene e credo che in realtà il Governo lo stia facendo”, sottolinea Messa riguardo al post-PNRR. “Occuparsene vuol dire prevedere non solo ulteriori finanziamenti. Tutti i gruppi che si sono creati hanno proprio per normativa l’impegno di durare almeno 10 anni, sotto forme diverse, quindi si tratta di tirare fuori da queste varie iniziative che si sono create – centri nazionali, partenariati, ecosistemi territoriali – delle associazioni, delle fondazioni, dei gruppi che si occupino proprio dell’ultimo miglio, quindi di restituire alla produttività, al mercato, all’impresa, quello che è stato fatto in questi anni”.

Il panorama della ricerca internazionale è un universo in movimento. Negli Stati Uniti, per esempio, il settore si è misurato con tagli e riposizionamenti nel nuovo corso aperto dall’amministrazione Trump. Si è parlato anche di fughe di cervelli da Oltreoceano.

“Io – conclude Messa – credo e spero sempre che in realtà ci sia una valorizzazione della ricerca degli Stati Uniti, perché senza quella sarà difficile andare avanti. Detto questo, l’Europa può sicuramente crescere e puntare di più anche a fare reclutamento fra chi esce da queste schiere. Non ha niente da invidiare agli Stati Uniti, se non la pragmaticità. Deve quindi diventare un’Europa più pragmatica”.

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