Prima ancora della Legge di bilancio, il Governo ha presentato il Documento programmatico. ร la cornice: piano triennale 2025-2028, impegni presi con Bruxelles, margini stretti. Giorgetti promette disciplina, ma due miliardi vengono giร destinati al caro vita nel privato. Un segnale politico, non ancora economico.
Il capitolo lavoro รจ il cuore della manovra. Tassazione al 10% sugli aumenti dei contratti collettivi nazionali dal 1ยฐ gennaio 2026: misura semplice, cedolare secca per chi vede salire lo stipendio. Possibile l’estensione ai rinnovi 2025. Meloni propone il 5% per chi guadagna meno di 28mila euro. L’idea รจ incentivare il dialogo tra imprese e sindacati, sbloccare tavoli fermi da anni e restituire ai contratti collettivi un ruolo propulsivo.
Ma il problema resta a monte: i rinnovi non arrivano. Nel settore privato, l’indennitร di vacanza contrattuale รจ sparita da sette anni. LโIpca garantiva il 30% dell’inflazione programmata dopo sei mesi di stallo, poi il 50%. Oggi non c’รจ piรน. E i salari reali scendono. Lโuna tantum promessa non basta: serve una norma anti-ritardo che renda obbligatoria la tempestivitร dei rinnovi. Non la scala mobile, ma un meccanismo di salvaguardia moderno, capace di premiare la produttivitร e difendere il potere dโacquisto.
Il Governo interviene anche su lavoro notturno, festivo e straordinario. Aliquota al 10%, fringe benefit raddoppiati, premi di produttivitร detassati. ร un riconoscimento per chi tiene in piedi fabbriche, negozi e servizi, anche nei momenti piรน difficili. Dopo anni di richieste da Cisl, Uil, Cgil riformista e associazioni datoriali, la ministra Calderone assicura: le coperture ci sono. Se รจ vero, la contrattazione di secondo livello potrร finalmente decollare, premiando il merito e la flessibilitร negoziata.
Poi c’รจ il ceto medio, dimenticato da anni di bonus e sussidi. Il taglio dell’aliquota dal 35% al 33% fino a 50mila euro costa tre miliardi, ma segna un cambio di rotta. Dopo stagioni concentrate sui redditi bassi, lโesecutivo guarda a chi sostiene il gettito fiscale e mantiene la tenuta sociale del Paese. Chi guadagna sopra i 35mila euro ha pagato piรน di tutti, penalizzato dalle addizionali Irpef locali usate per compensare i tagli statali. Ridurre la fascia intermedia fino a 60mila euro non รจ solo simbolico: รจ una correzione di equitร che prova a restituire fiducia a una parte del Paese rimasta schiacciata tra inflazione, tasse e servizi ridotti.
Ora il testo passa al Parlamento, dove ogni manovra rischia di perdersi tra emendamenti e appetiti. Se non ci saranno assalti alla diligenza e le coperture reggeranno, questa potrร essere una legge non solo contabile ma politica: un patto tra Stato, imprese e lavoratori. La sfida รจ tornare a premiare chi lavora, chi produce, chi tiene viva la macchina del Paese. LโItalia ha rincorso per troppo tempo. Ora deve costruire โ e questa volta non puรฒ permettersi di fermarsi a metร strada.