“L’Italia non conta nulla, è inerte, è l’ultima della classe, si torna a ripetere dall’opposizione. Non è vero, il governo Meloni si trova al crocevia di ogni decisione in Europa e nella Nato: prova ne sia che la nostra credibilità è altissima. È solo il gioco incrociato delle rispettive propagande.”
Lo scrive Stefano Folli su Repubblica, lamentando la mancanza di unità politica sulle questioni internazionali: “Più che proporre una linea coerente, qualche soluzione utile per capire dove finisce la demagogia e comincia il realismo, si usano le crisi internazionali per raccogliere un pugno di voti in più. A scapito dello schieramento avverso, s’intende, ma sempre più spesso anche ai danni di qualche gruppo alleato che si desidera mettere in difficoltà. Il risultato è deludente, anzi talvolta autolesivo.”
“L’Italia come nazione conta come la prima dei Paesi di seconda fascia, ma non è una novità. È quello che accade da decenni con rare eccezioni, quale che sia il colore del governo. Ne deriva che oggi Giorgia Meloni fa quel che può in Europa e verso gli Stati Uniti ben sapendo che il triangolo Berlino-Parigi-Londra non è pronto a trasformarsi in un quadrilatero per accogliere Roma. Difficile credere – sottolinea Folli – che qualcosa cambierebbe, allo stato in cui siamo, se al ministero degli Esteri ci fosse Matteo Renzi e a Palazzo Chigi sedesse Elly Schlein o Giuseppe Conte. No, la prima fascia non dipende da un gioco estemporaneo ma da un lungo sentiero fatto di comportamenti coerenti e di adesione agli obiettivi comuni.”
“La premier Meloni — e con lei Tajani — ha sempre lavorato rispettando questi criteri di base, nonostante le legittime critiche all’Unione; viceversa Salvini segue altre logiche. Quanto al centrosinistra, c’è un’enorme differenza, inutile persino sottolinearlo, rispetto al modo attraverso cui la Dc e i suoi alleati laici in tempi lontani gettarono le fondamenta dell’Europa moderna. Una strada a cui a un certo punto si avvicinò il Pci in via di trasformazione e convertito all’europeismo.”
“Oggi l’Italia va al vertice della Nato con una posizione orgogliosa esposta in Parlamento dalla premier. Ovviamente – conclude – la presidente del Consiglio avrebbe preferito che sulla risoluzione si registrasse un certo grado di accordo con l’opposizione. Ma non è stato possibile, salvo un aspetto del documento del partito di Calenda.”








