Nella giornata del 25 novembre, Lorenzo Balbi, Direttore del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, ha dialogato con Francesca Parisella, Giornalista di RAI 2, durante il panel “Cultura, innovazione digitale e collettività“, nel corso degli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia.
Francesca Parisella chiede al direttore del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, quale percezione hanno di un museo, e Lorenzo Balbi risponde: “Buonasera a tutti e a tutte. Grazie per l’invito. Permettetemi solo di ringraziare brevemente il professor Balestra per questo invito e in realtà per aver organizzato questo confronto che è vitale in un momento come questo. Non si hanno mai molte occasioni di confronti e quindi giornate come quelle di oggi e di ieri sono fondamentali per il nostro lavoro. Sì, allargamento dei pubblici ed attenzione verso i giovani sono delle caratteristiche del museo, però vorrei collegarmi proprio a un’idea di istituzione, se vogliamo, per rispondere alla domanda e anche per collegarmi a quanto diceva la Presidente prima. Io ritengo che una risposta istituzionale a questo tempo vada proprio data nello stabilizzare e nel costruire una strategia culturale. Si è parlato prima di contemporaneità, come il periodo della velocità, della semplificazione, ecco, io vedo in un certo modo il museo, l’istituzione culturale, può essere anche la RAI, come un presidio, un monumento alla complessità”.
“Mi spiego meglio. – continua Lorenzo Balbi – La complessità intesa come valore, ossia il fatto di potersi prendere del tempo per strutturare un pensiero, il pensiero critico, che è quello che dovremmo agevolare come operatori della cultura, attraverso anche una riflessione su quanto il complesso possa essere arricchente. Quindi, in questo va un messaggio anche ai giovani che non pensano più, e questo è quello su cui lavoriamo tutti i giorni, al museo come un’istituzione, come un edificio, ma pensano al museo come un interlocutore, come un organismo vivente, capace di adattarsi, anche rispondere a quelle che sono le necessità di una comunità, le necessità appunto di un’intera generazione”.
“Vengo da un convegno – prosegue Lorenzo Balbi – tenutosi ieri, come AMACI, l’Associazione Musei di Arte Contemporanea Italiana, in cui si chiedevano come i musei possano comportarsi nella svolta ecologica, nella svolta di sostenibilità ed abbiamo invitato a questo convegno anche dei ragazzi di ultima generazione. Sembra una cosa strana che noi stessi, che siamo chiamati a tutelare il patrimonio culturale, chiamiamo dei ragazzi che come azione imbrattano, anche se in modo cancellabile e reversibile, delle opere d’arte. E quello che abbiamo chiesto loro è proprio questo: “Che cosa intendete fare con queste azioni?”. La sfida nostra è proprio quella di capire come tradurre queste urgenze in azione fattiva, in azione quotidiana”.
“Io credo che sia importante il valore della complessità, – sottolinea Lorenzo Balbi – il valore della molteplicità, Calvino nell’elezione americana parlava di molteplicità come una grande qualità positiva, ecco i musei sono i depositari della complessità, i depositari di questa molteplicità. Nel panel precedente si parlava di notizie buone, dobbiamo fare i telegiornali di notizie buone e non quelli di notizie cattive che non fanno notizie. Prima si è parlato di vero e falso. Ecco, io vado oltre. Secondo me andrebbero fatti i telegiornali delle cose che non sono avvenute. Noi dovremmo porre attenzione sul non fatto, su quello che non è stato fatto. Oggi è la giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne, noi dovremmo non dare voce a quello che succede, ma quello che ha portato questi fatti ad avvenire e che non è stato fatto. Noi come imprese culturali dovremmo occuparci del non fatto e porlo all’attenzione delle nostre azioni quotidiane”.
In merito all’importanza della parola “ripartenza”, Francesca Parisella domanda al direttore del MAMbo se vi sia la possibilità di un futuro e di scrivere un po’ come su un foglio bianco ed eventualmente cosa scrivere su questo foglio bianco e Lorenzo Balbi replica: “Sì, intanto volevo collegarmi a quello che è stato detto prima, perché sono molto d’accordo, però in realtà aggiungerei un tassello. Forse non è tanto un problema dell’ulteriore digitalizzazione, lo shift vero è capire che ci va una produzione di contenuti affini a queste piattaforme e questo, soprattutto per chi produce cultura, è uno shift ancora da venire. Io ricordo, durante la pandemia, così arrivo alla ripartenza, ci si chiedeva fate i virtual tour, facciamo le mostre experience, quando non abbiamo i quadri veri da vedere. Ecco, questo non è assolutamente digitalizzazione, non è assolutamente usare nuove tecnologie, questo è un palliativo che porta assolutamente a quella velocità, a quella semplificazione di cui parlavo prima”.
E poi aggiunge: “Il nostro sforzo è proprio quello di produrre contenuti, sviluppare professionalità e capacità per riempire di contenuti adeguati questo. Io non sono così d’accordo che i giovani si sentano più tutelati dalle piattaforme online rispetto alle altre, no. Semplicemente quelle piattaforme sviluppano contenuti adeguati, in quelle piattaforme vanno creati dei contenuti ad hoc, e questo secondo me è un grande insegnamento per la ripartenza, perché noi siamo passati da un momento di pandemia in cui alle imprese culturali o a noi musei, ed io dirigo un museo per cui di questo mi occupo, hanno detto che non eravamo necessari, quando vi era la distinzione tra cosa tenere aperto o tenere chiuso, cos’era necessario o non necessario, beh abbiamo imparato di non essere necessari. Questo ci ha fatto abbastanza male, devo dire. Adesso da non necessari siamo passati a un po’ dimenticati, perché comunque la spesa in cultura continua ad essere al ventitreesimo posto in Unione Europea, continua a essere un terzo di stati come Francia e Germania, ma anche veramente la metà di stati come Grecia o Cipro, per cui quello che ci manca è anche un piano di investimenti reale nella valorizzazione e nella tutela della cultura”.
“E, – conclude Lorenzo Balbi – questo shift di cui prima parlavo sul digitale, è uno shift in realtà più in grande che deve portarci a pensare che la spesa culturale, la spesa di un museo, di un teatro, di un ente lirico, di un cinema, non sia un buco delle amministrazioni da sanare, ma sia un investimento sulla propria collettività. Per cui quello che auguro per la ripartenza è proprio questo shift mentale sulla impresa e sulla produzione di contenuti, da buco a investimento”.








