“Quando la parola «guerra» torna a risuonare nel dibattito pubblico, è inevitabile che il ruolo degli Stati risulti accresciuto”.
Così Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera ricordando che “l’Italia ha due grandi aziende della difesa che oggi ci consentono di partecipare agli investimenti europei in questo settore: Leonardo e Fincantieri. In entrambe lo Stato ha una presenza significativa: 30 per cento in Leonardo, 71 per cento in Fincantieri. Ma importante, soprattutto in Leonardo, è la presenza, accanto allo Stato, di azionisti privati.
Questo equilibrio fra Stato e privati – spiega l’editorialista – consente di guardare al prezzo in Borsa delle azioni per capire quanto il mercato apprezzi le due aziende. Una presenza importante dello Stato nell’azionariato non sembra quindi aver intaccato né la redditività né la reputazione di queste due aziende.
Per tre motivi. Innanzitutto perché in settori che richiedono grandi investimenti con rendimento differito nel tempo, come la difesa, un’azionista con una prospettiva di lunghissimo termine, quale è lo Stato, spesso è insostituibile.
Un secondo motivo che può giustificare la presenza dello Stato è la valutazione di alcuni investimenti: nella difesa per decidere se e dove investire è spesso necessario conoscere informazioni riservate, come i piani di investimento dei Paesi nostri alleati e possibilmente quelli dei nostri nemici, informazioni che i servizi di intelligence e sicurezza dello Stato spesso conoscono, ma non divulgano.
Infine un fattore importante per i risultati che hanno ottenuto sia Leonardo che Fincantieri è stata la scelta del management. Pur essendo un azionista importante, lo Stato, almeno in tempi recenti, ha fatto le proprie scelte sulla base della qualità delle persone, non della loro vicinanza politica”.
Giavazzi in conclusione allarga quindi il ragionamento anche al settore finanziario e tecnologico e osserva: “Mai come in momenti di forti tensioni geopolitiche, in cui gli Stati si trovano a giocare ruoli che in tempi normali spetterebbero ai privati, è necessario che le scelte dei governi siano trasparenti. Non siamo più nell’era della ritirata dello Stato. Ma proprio per questo, affinché gli interventi del governo non appaiano solo riequilibri di potere è necessaria una dose di trasparenza, chiarezza e motivazione delle scelte persino più ampia che in tempi normali”.








