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[Lo scenario] Allarme Svimez: il PIL al Sud si contrae e aumenta il rischio di recessione

Secondo il rapporto Svimez 2022, nel prossimo anno il Pil del Mezzogiorno potrebbe contrarsi fino a -0,4%, mentre quello del Centro-Nord, pur rimanendo positivo a +0,8%, segnerebbe un forte rallentamento rispetto al 2022. Il dato medio italiano dovrebbe attestarsi invece intorno al +0,5%. Il report, giunto alla sua 49a edizione, è stato presentato alla Camera. Il nuovo shock – sottolinea il rapporto – ha cambiato il segno delle dinamiche globali (rallentamento della ripresa; comparsa di nuove emergenze sociali; nuovi rischi operativi per le imprese), interrompendo il percorso di ripresa nazionale coeso tra Nord e Sud.

La contrazione del Pil nel Mezzogiorno dello 0,4% è determinata soprattutto dalla contrazione della spesa delle famiglie in consumi, a fronte della continuazione del ciclo espansivo, sia pure in forte rallentamento nel Centro-Nord (+0,8%). Gli effetti territorialmente asimmetrici dello shock energetico intervenuto in corso d’anno, penalizzando soprattutto le famiglie e le imprese meridionali, dovrebbero riaprire la forbice di crescita del Pil tra Nord e Sud.

Secondo la Svimez il Pil dovrebbe crescere del +3,8% a scala nazionale nel 2022, con il Mezzogiorno (+2,9%) distanziato di oltre un punto percentuale dal Centro-Nord (+4,0%). La Svimez valuta inoltre che, a causa dei rincari dei beni energetici e alimentari e l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta, il Pil potrebbe crescere di circa un punto percentuale salendo all’8,6%, con forti eterogeneità territoriali: +2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno, contro lo 0,3% del Nord e lo 0,4% del Centro. In valori assoluti si stimano 760 mila nuovi poveri causati dallo shock inflazionistico (287 mila nuclei familiari), di cui mezzo milione al Sud.

Non solo. L’aumento dei prezzi di energia elettrica e gas si traduce in un aumento in bolletta annuale di 42,9 miliardi di euro per le imprese industriali italiane. Il 20% circa (8,2 miliardi) grava sull’industria del Mezzogiorno, il cui contributo al valore aggiunto industriale nazionale è tuttavia inferiore al 10%. Il 2024, prosegue ancora il rapporto, dovrebbe essere un anno di ripresa sulla scia del generale miglioramento della congiuntura internazionale, unitamente alla continuazione del rientro dall’inflazione che scende al +2,5% e +3,2% nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno nell’anno. Si stima che il Pil aumenti nel 2024 dell’1,5% a livello nazionale, per effetto del +1,7% nel Centro-Nord e dello +0,9% al Sud.

Nonostante ciò, il dato del Sud, di per sé apprezzabile visto che dovrebbe tornare in territorio positivo dopo il calo del 2023, sarebbe comunque sensibilmente inferiore a quello del resto del Paese. Un aspetto strutturale che contribuisce a spiegare la debole ripartenza meridionale è rintracciabile sul lato dell’offerta: a seguito dei continui restringimenti di base produttiva sofferti dal Sud dal 2008, si è sensibilmente ridimensionata la capacità del sistema produttivo dell’area di agganciare le fasi espansive del ciclo economico.

Questo quadro previsivo, sottolinea l’associazione, pone una duplice sfida alle politiche nazionali: da un lato va assicurata continuità alle misure contro il caro energia per mitigare l’impatto sui bilanci di famiglie, soprattutto le più fragili per le quali i rischi di una nuova povertà energetica sono più concreti; a favore delle imprese, per salvaguardarne l’operatività, rinnovando lo sforzo profuso durante l’emergenza Covid; dall’altro, è essenziale accelerare sul fronte delle misure di rilancio degli investimenti pubblici e privati dando priorità alla politica industriale attiva per ampliare e ammodernare la base produttiva soprattutto meridionale, condizione imprescindibile per la creazione di buona occupazione.

A tal proposito, mettere in sicurezza l’attuazione del Pnrr è cruciale. Occorre consolidare la finalità di coesione economica, sociale e territoriale; potenziare le misure di accompagnamento degli Enti territoriali nella realizzazione delle opere; rafforzare il coordinamento del Piano con la politica di coesione europea e nazionale e con la politica ordinaria. «C’è la volontà di tutto il governo di voler lavorare per dare una risposta ai problemi legati alla crescita del Mezzogiorno». Lo ha detto il ministro per gli affari europei Raffaele Fitto intervenendo alla presentazione del rapporto Svimez 2022.

«Il Piano è stato determinato e scelto per rispondere alla crisi post pandemia, ma dobbiamo chiederci se quelle scelte sono ancora attuali o coerenti con quello che sta accadendo ora», ha proseguito. «C’è in atto un confronto con la Commissione europea per capire come d’intesa si possano fare delle modifiche. Entro l’anno era previsto che si dovevano spendere 42 miliardi, poi sono stati aggiornati a 33 mld per poi essere rimodulati ancora a 22 mld. Noi a breve presenteremo un quadro complessivo che io temo sia inferiore a questa cifra», ha concluso.

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