“Non si prevede che l’ondata di casi in Cina influirà sulla situazione epidemiologica del Covid-19 nell’Unione Europea e nello Spazio Economico Europeo”.
Così l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) frena i timori che la nuova ondata che sta investendo la Cina possa ripercuotersi sul Vecchio Continente.
Con una nota, l’agenzia europea ha chiarito che “le varianti che circolano in Cina sono già in circolazione nell’UE e, in quanto tali, non rappresentano un pericolo per la risposta immunitaria dei cittadini” europei.
Questi, inoltre, “hanno livelli di immunità e vaccinazione relativamente elevati”. La situazione è in evoluzione, sottolinea l’Ecdc: “se necessario, saranno riviste le valutazioni del rischio e si procederà ad adeguare le azioni”.
A chiarire il quadro epidemiologico, dopo una fase di incertezza, i dati sulle varianti circolanti nel Paese asiatico. Qualche giorno fa l’Ecdc aveva riferito che dal primo settembre al 20 dicembre la Cina aveva depositato soltanto 17 sequenze del virus SarsCov2 nel database GISAID. Ora lo scenario è cambiato.
Dal 25 dicembre al 30 dicembre sono state depositate 540 sequenze: il 35% era rappresentato dalla sotto-variante BA.5.2, il 24% da BF.7, il 18% da BQ.1 (Cerberus), il 5% da BA.2.75 (Centaurus), il 4% da XBB (Gryphon) e il 2% da BA.2. Sono state segnalate anche le sotto-varianti BA.5.6, BA.4.6, BM.4.1.1 e BA.2.3.20.
Le sotto-varianti riscontrate finora in Cina sono note da tempo e sono già circolate in Europa. Appartengono tutte alla famiglia di Omicron e nessuna desta particolare preoccupazione per la sua capacità di eludere la risposta immunitaria.
Anche per Cerberus e Gryphon, che per un certo periodo avevano allertato le autorità sanitarie, studi recenti hanno confermato l’efficacia dei vaccini. A rassicurare gli esperti, inoltre, il fatto che al momento non sia stata rilevata nessuna nuova variante.
Preoccupa, invece, la carenza di dati affidabili sull’andamento della pandemia in Cina. Dopo il picco raggiunto il 2 dicembre scorso, “nelle ultime tre settimane, l’incidenza è diminuita, probabilmente anche a causa di un minor numero di test effettuati”, scrive l’Ecdc.
“Mancano inoltre dati affidabili “sui casi di Covid-19, sui ricoveri ospedalieri, sui decessi, nonché sulla capacità e sull’occupazione delle unità di terapia intensiva in Cina”.








