L’Italia con il Covid è caduta più degli altri (-9% del pil vs -6% dell’Eurozona) ma il sistema imprenditoriale ha saputo reagire “alle difficoltà della pandemia prima e dello shock energetico poi” e adattarsi alla nuova realtà.
Lo testimoniano gli ottimi ritmi di crescita degli ultimi due anni, soprattutto del 2021 (+7%), come anche l’andamento dei primi mesi del 2023 che supera “le previsioni fatte solo qualche mese fa”.
Così il docente ed economista, Giampaolo Galli, ha espresso il suo cauto ottimismo a MF-Milano Finanza.
Un’altra buona sorpresa arriva dal primo trimestre dell’anno: dal 2019 ad oggi le esportazioni italiane sono aumentate del 27,7%, superando il +22% della Germania e il +20% della Francia.
Pur se l’incremento tricolore non ha pareggiato il quasi 31% medio dell’Eurozona, “stupisce favorevolmente che l’Italia abbia fatto meglio, per giunta in anni complessi, dei due Paesi dell’Eurozona che solitamente pareggiano o fanno meglio della media Ue”.
Forse la prevalenza in Italia di pmi che per quasi 30 anni ha “rappresentato un enorme svantaggio per la crescita nazionale” si è trasformata in una risorsa “nella risposta alle difficoltà”.
Difatti, spiega Galli, è più probabile che le grandi imprese contino su “catene di fornitura lunghe e complesse anche perché spesso maggiormente dipendenti dall’estero, talvolta nella produzione diretta delocalizzata talvolta nell’uso di beni intermedi fatti da imprese terze”.
E durante gli shock internazionali degli ultimi anni l’esposizione all’estero è stata fonte di “intoppi e rallentamenti importanti”.
L’ottimismo non deve però prendere la mano perché “il mondo è pieno di rischi”, precisa il già esponente di rilievo in Bankitalia, Confindustria e Ania, nel riportare le parole della presidente della Bce, Christine Lagarde.
I rischi geopolitici dilagano, dalla guerra in Ucraina alla questione di Taiwan, e la Bce potrebbe protrarre l’aumento dei tassi “causando un forte rallentamento dell’economia”.
Per non parlare del problema italiano con il debito pubblico.
L’inflazione però sembra “destinata a diminuire perché tutte le materie prime costano meno del 23 febbraio 2022, il giorno prima dell’invasione russa dell’Ucraina”.
Ad esempio, riporta Galli, il prezzo del gas naturale è passato da 89 euro al megawattora a 43 euro, il 51% in meno.
Dunque, secondo Galli, la strategia da adottare nel guardare al futuro non si allontana da quella scelta dal governo Meloni nella stesura del Documento di economia e finanza: “ottimismo credibile e prudenza”.








