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L’Italia è prima in Europa per le eccellenze agroalimentari | I dati Istat

StatististicaReport_Prodotti-agroalimentari-di-qualita_2022

Nel 2022 il prestigio e la qualità italiane nel comparto agroalimentare del cibo certificato mantengono costante il primato per numero di riconoscimenti, con 319 eccellenze riconosciute dall’Unione Europea (UE); seguono Francia (262) e Spagna (205).

Nell’intera UE i prodotti di qualità nel comparto agroalimentare del cibo erano 1.466(1); nel 2012 (ad esclusione del Regno Unito) erano 1.079.

Secondo quanto emerge dal Rapporto Istat dedicato ai “Prodotti Agroalimentari di qualità Dop, Igp e Stg“, le denominazioni agroalimentari di qualità italiane si rafforzano crescendo di dimensione nel panorama internazionale.

Tra il 2012 e il 2022 il numero dei riconoscimenti segna, infatti, una crescita del 28,6% (da 248 a 319).

In particolare, cresce il settore degli ortofrutticoli e cereali con un incremento, in termini assoluti, di 23 nuove denominazioni e quelli dei formaggi e degli olii extravergine di oliva, con l’ingresso, rispettivamente, di 11 e 6 nuovi marchi di qualità.

Nel decennio 2012-2022 i produttori aumentano dell’8,3% (da 75.148 del 2012 a 81.403 del 2022); i trasformatori crescono, invece, del 6,8% (da 7.015 a 7.492).

La lettura congiunta della variazione per ripartizione e per settore evidenzia come nel Nord siano in flessione i produttori del settore lattiero-caseario, della preparazione di carni e degli olii extravergine di oliva.

Nel Mezzogiorno si registrano segni positivi in tutti i settori, mentre nel Centro la variazione è negativa per la preparazione di carni e per gli oli extravergine di oliva.

La vocazione territoriale, definita oltre che dalle caratteristiche del territorio stesso anche dai vincoli imposti dai disciplinari di produzione, si traduce in una forte localizzazione dei produttori, che nel 2022 per il 41,5% si trovano tra il Sud (14,4%) e le Isole (27,1%), il 19,4% nella sola Sardegna (seguita dal Trentino-Alto Adige con il 13,9% e dalla Toscana con il 13,8%).

Il 40,4% dei trasformatori opera invece nel Nord del Paese.

Nel 2012 le quote per i produttori erano, rispettivamente, dell’8,4% per il Sud e del 20,8% per le Isole, mentre nel Nord era presente il 46,6% dei trasformatori.

Nel tempo si sta quindi assistendo a una crescita di produttori operanti nella filiera di qualità nelle aree meridionali del Paese e, in misura minore, di trasformatori.

Proseguendo nella lettura di lungo periodo, il confronto regionale nella composizione percentuale dei produttori nei vari settori tra il2012 e il 2022 mostra come l’ingresso di nuovi prodotti, peculiari di determinati territori, unito alle dinamiche del mercato, abbia parzialmente ridefinito la geografia dei settori.

È il caso dei formaggi, dove i produttori erano territorialmente meno ‘polarizzati’ nel 2012 rispetto al 2022.

Nell’arco temporale di riferimento, infatti, la quota della Sardegna aumenta di oltre dieci punti percentuali (salendo dal 34,7% del 2012 al 44,8% del 2022), mentre, parallelamente, perdono peso alcune regioni del Nord: in particolare la Lombardia (-4,5 punti percentuali) e il Veneto (-3,4 punti).

Nello stesso periodo anche le carni fresche vedono aumentare la propria quota di produttori in Sardegna (che sale dal 46,4% al 55,3%).

Al Nord, i produttori del settore preparazione di carni aumentano la loro quota relativa in Piemonte, anche se in termini assoluti il saldo della regione è negativo.

Perdono peso relativo la Lombardia (che scende dal 42,1% al 40,9% del 2022) e l’Emilia-Romagna.

Sono invece sostanzialmente stabili le altre ripartizioni geografiche.

In direzione opposta si muove il settore ortofrutticolo e cerealicolo che, tra il 2012 ed il 2022, vede crescere la quota relativa di produttori, in particolare, in Piemonte, in Sicilia ed in Emilia-Romagna e, parallelamente, registra una flessione del suo peso in Trentino-Alto Adige (dal 64,5% del 2012 al 49,7% del 2022).

Il settore olivicolo oleario si contrae in Toscana (tra il 2012 e il 2022 perde 17 punti percentuali, passando dal 58,5% al 41,5%) e, contemporaneamente, cresce soprattutto in Puglia e in Sicilia.

Nel complesso, le suddette dinamiche dei produttori delineano, ad esclusione del Piemonte, tendenze opposte tra Nord e Sud, mentre il Centro si divide, da un lato, tra l’Umbria e la Toscana, che registrano una flessione del loro peso percentuale tra il 2012 e il 2022 e, dall’altro lato, il Lazio.

Nelle Marche la situazione appare, invece, pressoché invariata.

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