Veronica De Romanis sulla Stampa attacca quella che definisce ‘l’Italia dei condoni’: “Ma quanto ci piacciono le rottamazioni. E, infatti, arriva la quinta. La seconda del governo Meloni, dopo quelle volute da Giuseppe Conte, da Paolo Gentiloni e, prima ancora, da Matteo Renzi. La rottamazione delle cartelle – scrive l’economista – è oramai diventata una pratica che mette tutti d’accordo, a destra come a sinistra. E noi ci dovremmo indignare. Molto. Ma, soprattutto, pretendere una qualche spiegazione su un punto tanto semplice quanto scandaloso: perché un’intera classe politica preferisce lasciare i soldi in tasca agli evasori piuttosto che usarli per finanziare la sanità, i trasporti, la scuola, ovvero settori vitali per l’intera collettività.
La risposta alla domanda che viene fornita da diversi esponenti della maggioranza sorprende: non si tratta di evasori ma di persone che hanno presentato la dichiarazione dei redditi. Di fatto, è sufficiente sostenere di volere pagare le tasse – senza farlo – per essere considerato un contribuente come gli altri. E poi, questa la seconda parte della risposta, lo Stato ci guadagna perché recupera entrate che, senza simili interventi, sarebbero perse.
Quindi tutto bene? Certamente no, la realtà è un’altra. E lo spiegano bene i numeri contenuti nel Rapporto della Corte dei Conti pubblicato nel mese di marzo. Concentriamoci sulle tre prime rottamazioni: la quarta, quella di Meloni, è ancora in corso con l’ultima rata prevista nel 2027. I contribuenti che vi hanno aderito non superano il milione e settecentomila. Non certo una grande cifra se paragonata al numero complessivo di debitori pari a «circa 21,8 milioni».
Quindi, le rottamazioni non sono percepite come opportunità da prendere al volo per pagare – finalmente – il dovuto. Insomma, non sembrano molto utili. Ma non sono neanche molto efficaci: la percentuale di riscossione rispetto all’introito previsto è desolante. Nella prima rottamazione è stata pari al 47 per cento, nella rottamazione bis al 32 e nella rottamazione ter al 33 per cento. In media si perdono circa due terzi delle entrate attese: su un totale di circa 58 miliardi, solo 18 sono stati riscossi.
In definitiva – conclude – i dati mostrano chiaramente che aderire alla rottamazione non significa, poi, smettere di essere evasori”.