Michele Ainis su Repubblica prende spunto dalla manifestazione a più voci del 15 marzo scorso e chiede:
“Possiamo dunque leggere una parola unificante nel coacervo delle voci? Una soltanto: l’integrazione dei popoli europei. Unità politica, non soltanto economica. Per un’Europa sovrana, che acquisti quote di sovranità da ciascuno Stato, che parli da un solo pulpito. E in nome dei principi democratici in cui si riconosce quest’angolo del mondo.
Ma per raggiungere il traguardo serve un collante, un presupposto necessario: la Costituzione europea. Perché la Costituzione – sottolinea – è il documento che sigla l’unità di un popolo, che le dà corpo, che la innerva di valori, che ne edifica i poteri.
Vent’anni fa ci avevamo già provato, ma abbiamo fatto fiasco. Quel testo, infatti, era vergato con la penna d’oca del burocrate. Non scaldava i cuori, non illuminava le coscienze. S’allungava per 465 articoli: un oceano di carta, un profluvio di pagine stampate che per dimensione avevano ben poco da invidiare alla Recherche proustiana. Ma con ben altro stile: quello di un atto notarile, dove le parti diffidano l’una dell’altra, sicché per cautelarsi mettono nero su bianco regole pignole e un po’ pedanti.
C’è una ragione, però, che spiega quel cattivo risultato. Le Costituzioni non nascono spremendo le meningi dei costituzionalisti o dei politici, come Minerva dalla testa di Giove. Nascono dalle grandi tragedie collettive, s’affacciano lungo i tornanti della storia. È l’esperienza di una sofferenza comune, e poi d’una lotta vittoriosa, ad affratellare uomini e partiti, consentendo di superare le loro differenze attraverso la stesura di un testo condiviso.
Accadde così in Italia, dopo le macerie lasciate da un conflitto bellico e da una lunga dittatura. Era accaduto due secoli prima in Francia, dopo la rivoluzione contro l’Ancien Régime. O in America, dopo la guerra d’indipendenza dei coloni contro la Gran Bretagna.
Adesso, purtroppo, ci risiamo. Il mondo sta implodendo, mentre le potenze imperiali (Usa, Russia, Cina) se ne dividono le spoglie. L’Europa, incerta e frastagliata, rischia di trasformarsi in un banchetto per gli appetiti altrui. È il momento – conclude – di rafforzarla, di riunirne le membra sotto un’unica Carta costituzionale.
Sicché sarebbe bello – difficile, ma bello – imbastire una piazza per la Costituzione europea”.








