Nei passati tre anni la maggior parte delle variazioni inattese dell’inflazione è attribuibile allo straordinario aumento dei prezzi internazionali, in particolare delle materie prime energetiche.
Le misure fiscali di contenimento del costo dell’energia ne hanno mitigato l’impatto nel periodo 2021-2022; successivamente, alla discesa dell’inflazione ha contribuito la politica monetaria.
Sono le conclusioni a cui giunge uno studio, intitolato “Le determinanti della dinamica dell’inflazione in Italia nel triennio 2021-2023”, pubblicato dalla Banca d’Italia nella collana “Questioni di economia e finanza”.
Invece, secondo l’analisi, le pressioni esercitate dalla crescita maggiore delle attese della domanda interna hanno avuto effetti nel complesso contenuti.
In risposta alla recente ondata inflazionistica, la Bce ha complessivamente alzato i tassi di interesse dell’area euro per 4,50 punti percentuali, e solo a partire dallo scorso giugno, con il rientro dell’inflazione ha iniziato a smorzarli lentamente.
Il lavoro valuta il contributo dei principali fattori che hanno determinato gli sviluppi inattesi dell’inflazione in Italia nel periodo 2021-23, utilizzando il modello econometrico trimestrale della Banca d’Italia.
Nella analisi vengono considerati quattro canali: fattori esterni, quali i prezzi internazionali delle materie prime e dei manufatti e la domanda estera; i tassi di cambio e di interesse; la politica di bilancio; gli andamenti inaspettati della domanda interna.








