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L’incoerenza e il paradosso dei quesiti mal posti | L’analisi di Tito Boeri

Tito Boeri su Repubblica parla del referendum dell’8-9 giugno e di “quesiti mal posti che paradossalmente comportano cambiamenti opposti a quelli che hanno in mente i proponenti. Partiamo dal quesito, il quinto, che riguarda la legge sulla cittadinanza. Si propone – scrive Boeri l’abrogazione del requisito di dieci anni di residenza, riportandolo a cinque anni, come previsto dalla legge in vigore fino al 1992 e in linea con la maggioranza dei paesi europei. Quel che conta è che c’è un premio alla naturalizzazione di cui beneficiamo noi tutti, come contribuenti, come attuali o futuri pensionati o anche semplicemente come concittadini soprattutto nelle aree ad alta densità di immigrati.

Non si vede perché dovremmo rinunciare a questo premio spingendo verso altri paesi persone che potrebbero aiutarci a riempire le migliaia di posti vacanti che le imprese non riescono a riempire dato il calo demografico. Questo ci porta ai primi tre quesiti del referendum, sui licenziamenti e sulla reintroduzione di limiti burocratici (il cosiddetto causalone) nell’utilizzo dei contratti a tempo determinato. La quota di contratti a tempo determinato è scesa dal 17% al 13% negli ultimi tre anni, nonostante tipicamente aumenti fuori dalle recessioni: aumentarne i costi burocratici rischia di essere a detrimento della creazione di lavoro stabile.

I licenziamenti in rapporto all’occupazione a tempo indeterminato sono in forte calo (diminuiti di più del 25% dall’entrata in vigore delle norme che si vorrebbe abrogare). La cosa sorprendente è che tutto questo non si sia tradotto in un aumento dei salari e in un miglioramento delle condizioni di lavoro. La nuova frontiera del precariato oggi è nella povertà fra chi lavora anche a tempo indeterminato a orari ridotti e con salari che negli ultimi 4 anni, a differenza che in altri paesi, non hanno saputo tenere il passo dell’inflazione e hanno perso quasi il 10% del loro potere d’acquisto.

C’è poi il quesito sugli infortuni, altro problema prioritario. Il referendum lo affronta introducendo una norma che non ha precedenti nel mondo: l’impresa committente che appalta un lavoro a un’altra azienda è corresponsabile di incidenti che quest’ultima può causare in lavorazioni che nulla hanno a che vedere con l’appalto e su cui l’azienda committente non ha alcuna competenza e conoscenza del grado di rischio. La lezione che abbiamo imparato in questi anni è – conclude – che per contrastare la piaga degli incidenti sul lavoro non serve rendere le leggi più feroci di quanto non siano già.”

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