Sabino Cassese sul Corriere parla di Europa e difesa comune: “Nel mondo – scrive – vi è stato, in questi ultimi anni, un improvviso e non previsto cambio di registro.
Hanno ripreso quota le pretese territoriali. La Russia verso la vicina Ucraina, la Repubblica Popolare di Cina verso Taiwan, Israele verso la Striscia di Gaza, gli Stati Uniti verso Canada, Groenlandia e Canale di Panama.
Sono pretese di tipo diverso e si manifestano in modi diversi. Ma sono pretese territoriali con molti elementi comuni. Sono minacce che provengono da nazioni più forti (hanno molti più abitanti, eserciti più agguerriti, con armi nucleari) a danno di entità più deboli. Volano un principio stabilito dall’articolo 2 dello Statuto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, secondo il quale i membri dell’ONU devono astenersi dalla minaccia e dall’uso della forza contro l’integrità territoriale di qualsiasi Stato.
Muovono non solo da Paesi autoritari, ma anche da antiche e recenti democrazie. Perché siamo ripiombati in un mondo nel quale non si riconoscono gli ambiti territoriali degli altri Stati?
Le cause sono molte, ma una sta certamente nella circostanza che per settant’anni ci si sia cullati nell’ideale kantiano secondo il quale i commerci avrebbero portato la pace. Di qui la globalizzazione innanzitutto dei mercati.
Ma – osserva Cassese – l’economia ha costituito una base troppo esile, nel mondo e in Europa, per fermare le pretese territoriali, ora alimentate anche dal sovranismo di nuovi protagonisti, questa volta privati.
L’Unione Europea sta correndo ai ripari, ma nel farlo incorre negli stessi errori del passato. Ha avviato un piano di difesa, ma per aiutare gli Stati ad aumentare rapidamente e significativamente le spese in questo settore.
Molti illustri europeisti, da Alcide De Gasperi a Helmut Schmidt, a Jean Monnet, hanno sostenuto che l’Europa vive di crisi, nel senso che ogni passo avanti fatto dall’Unione Europea è una soluzione a una crisi. Ma se la soluzione va nella direzione sbagliata, si finisce per sprecare un’utile occasione.
L’Unione Europea, con i suoi quasi 450 milioni di abitanti e un governo nazionale dotato della deterrenza nucleare, potrebbe far sentire la propria voce in maniera molto più efficace nel mondo – conclude – per impedire ed eventualmente combattere nuove pretese territoriali.”








