Il vertice della Nato si è chiuso con un comunicato ambiguo, aperto a tutte le interpretazioni per quanto riguarda l’impegno a raggiungere il 5% del Pil per le spese militari.
Non solo, nonostante le precisazioni e le riassicurazioni riportate nel comunicato finale, grava sulle conclusioni del vertice l’ipoteca esegetica di Trump sull’impegno americano a intervenire automaticamente in caso di attacco a un alleato ai sensi dell’articolo 5.
A ciò si aggiunge un Segretario della Nato, l’ex primo ministro olandese Rutte, che non poteva fare sfoggio di maggiore piaggeria e adulazione nei confronti del Presidente americano, e una Meloni che sostiene che Sanchez ha sottoscritto gli stessi impegni dell’Italia, mentre Trump dice che la Spagna è l’unica che non lo ha fatto e se non lo farà vedrà raddoppiati i dazi sulle sue esportazioni.
Manca ogni riferimento che stigmatizzi l’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina, nonostante si affermi il sostegno costante e duraturo dei Paesi Nato a Kiev.
In questo contesto, l’Europa e il progetto della difesa europea ne escono a pezzi.
Solo il comunicato congiunto Merz-Macron, pubblicato sul Financial Times del 24 giugno, lascia un’esile speranza che la riattivazione del motore franco-tedesco possa ridare fiato all’alitante processo di integrazione europea.








