Per quale Europa scendere in piazza? È la domanda che pone Francesco Pallante su il Manifesto.
Non è necessario richiamarsi al Manifesto di Ventotene per guardare all’Europa odierna con un senso di profondo disagio. Quella che abbiamo innanzi è un’Europa che, in tre anni di guerra alle proprie porte, non è stata in grado di articolare il minimo discorso di pace. Non un’iniziativa diplomatica, non un tentativo di individuare una via d’uscita non violenta.
Hanno aperto tavoli di trattativa autocrati come Erdogan e bin Salman. L’Europa no. L’Europa si è data per obiettivo la sconfitta militare della Russia, il crollo della sua economia, la fine politica e personale di Putin. E, ora, a guerra persa, non sa reagire diversamente che progettando di armarsi fino ai denti, derogando, per le spese militari, a quelle medesime regole che per le scuole e gli ospedali ha sempre proclamato inderogabili.
Con l’aggravante di un riarmo che non varrebbe, nemmeno in prospettiva, a conquistare una reale autonomia strategica, dal momento che sarebbe realizzato in condizioni di completa sudditanza tecnologica nei confronti degli Stati Uniti.
Quantomeno, si dirà, l’Europa non ha ceduto sul piano dei valori. Tra l’aggressore e l’aggredito ha scelto senza tentennamenti, dimostrando di saper stare dalla parte giusta. È fin troppo facile replicare che in Medio Oriente l’Europa ha fatto la scelta opposta: dalla parte del carnefice, contro la vittima, sino alla soglia della plausibilità del genocidio.
“Dal fiume al mare” è la realtà dei fatti: solo che è la realtà imposta da Israele. Quel che i palestinesi nemmeno possono dire, gli israeliani possono fare. È questa la giustizia dell’Europa?
Farsi scudo dei valori quando conviene, ignorarli quando non conviene? I valori o valgono o non valgono. E se non valgono per alcuni, non valgono per nessuno: divengono il velo d’ipocrisia dietro cui nascondere l’interesse.
È dunque per l’Europa delle armi, dell’ingiustizia internazionale, dei muri, della moneta che dovremmo scendere in piazza?
L’urgenza è la pace. Come insegnava Norberto Bobbio, il primo effetto della guerra è la riduzione della democrazia e dei diritti a formule vuote, di cui si può fare a meno.
Il momento è drammatico ed è certamente positivo che ce ne sia consapevolezza, ma se davvero vogliamo dare forza alla bandiera dell’Europa, issiamo al suo fianco il vessillo della pace.








