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L’Europa come può restare competitiva in un mondo così diviso e incerto? | Lo scenario di Maria Vassalou, head of Pictet Research Institute

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da cambiamenti significativi nel panorama economico e geopolitico globale.

Le guerre in Ucraina e a Gaza hanno rafforzato una divisione nel mondo che ricorda l’era della Guerra Fredda: una coalizione guidata dall’Occidente contrapposta ai Brics+, un’alleanza che si è allargata per includere i Paesi del Medio Oriente e del Sud globale.

Le tensioni geopolitiche evidenziate da queste due guerre sono accentuate dalla forte competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina, che ha portato al riemergere del protezionismo e di strategie industriali guidate dai governi, volte a ridurre le dipendenze commerciali tra le principali economie mondiali e a determinare una parziale inversione di tendenza nel processo di globalizzazione che dura da decenni.

A differenza della guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, quella in corso non è guidata da un’ideologia volta a dimostrare la superiorità di un sistema politico rispetto all’altro, ma è governata dalla pura competizione economica incentrata sulla corsa all’assunzione, nel caso della Cina, o al mantenimento, nel caso degli Stati Uniti, della leadership nello sviluppo e nel controllo di tecnologie e innovazioni all’avanguardia. Mentre Cina e Stati Uniti si contendono il primo posto nel nuovo ordine economico globale, la posizione dell’Eurozona è molto più incerta e problematica.

Le cause sono molteplici, tra cui la cronica carenza di investimenti in tecnologia e innovazione, un settore pubblico sovradimensionato, normative che limitano l’attività economica, un mercato dei capitali frammentato, alti livelli di indebitamento e dati demografici in continuo calo.

Il gruppo eterogeneo di Paesi che compongono l’Unione Europea si trova così a dover affrontare una minaccia esistenziale, molto più significativa di quella della crisi del debito europeo del 2010.

Questa grande sfida potrebbe segnare un’eventuale scomparsa dell’Ue o rappresentare un’opportunità per la sua evoluzione in una nuova e vibrante Europa, capace di affrontare il 21° secolo e il futuro.

Se da un lato l’Europa deve affrontare una serie di difficoltà, dall’altro dispone di una serie di caratteristiche che può sfruttare per sprigionare il suo potenziale di crescita.

Ha un sistema educativo di alta qualità che produce laureati ben formati in tutti i settori e vanta diverse università e centri di ricerca di fama mondiale.

Questi possono costituire fonti per lo sviluppo di innovazioni e tecnologie in grado di portare l’Ue in una posizione di leadership in settori in cui presenta un potenziale o vanta già un’eccellenza, che si tratti di ingegneria, biotecnologie, aerospazio, nuovi materiali o industria alimentare, per citarne solo alcuni.

Inoltre, l’Eurozona ha istituzioni democratiche, credibili e stabili: un contesto che riduce i rischi politici e costituisce un ambiente fertile per lo sviluppo dell’imprenditorialità, a condizione che le imprese siano sollevate dai vincoli imposti da normative opprimenti e da lunghi processi giudiziari.

Dall’altra parte, invece, il costante calo demografico mette a dura prova la disponibilità di manodopera; tuttavia, l’automazione, la robotica e la digitalizzazione potrebbero mitigare il problema consentendo all’Europa di continuare a produrre beni di alta qualità a prezzi competitivi.

Sebbene oggi si parli solo di tecnologia e di prodotti delle Magnifiche 7, il mondo ha un bisogno continuo e costante di tecnologia semplice, ovvero di quell’ampia gamma di prodotti che incorporino la tecnologia e che siano allo stesso tempo di alta qualità, sicuri, sani, rispettosi dell’ambiente ed esteticamente gradevoli.

Un segmento, quest’ultimo, in cui i Paesi dell’Ue possono essere leader.

Per dimostrare questa leadership, l’Unione Europea deve favorire accordi flessibili e mirati tra Stati membri per promuovere ricerca, sviluppo, innovazione e joint venture.

In particolare, dovrebbe concentrarsi su settori specifici che le consentano di aumentare la resilienza economica del continente, sostenendo con maggior vigore lo sviluppo delle competenze all’interno della sua forza lavoro e riducendo la sua dipendenza da altre potenze, a partire da quella energetica.

A tal proposito, l’incremento di centrali nucleari di piccole dimensioni potrebbe essere la risposta al fabbisogno energetico europeo, attingendo alle competenze già acquisite da Paesi come la Francia.

Per prepararsi al futuro, i governi europei potrebbero essere tentati di intraprendere un ciclo di grandi emissioni di debito, che tuttavia potrebbe rivelarsi un errore a fronte di una crescita debole e di un elevato livello di debito pubblico già accumulato.

Piuttosto, riteniamo necessario razionalizzare la spesa, ridurre gli sprechi di fondi pubblici e dare priorità a progetti mirati che presentino un’alta probabilità di aumentare il potenziale di crescita dell’Europa e con le maggiori probabilità di essere finanziati da un gruppo di Paesi o soggetti con interessi comuni.

Il risultato non sarà l’equivalente di un’emissione di debito comune a livello europeo, ma potrebbe essere un passo nella giusta direzione, creando una sempre maggiore fiducia reciproca tra gli Stati membri dell’Ue per espandere ulteriormente la cooperazione in futuro.

C’è speranza per l’Ue di competere con successo in un mondo incerto e multipolare, ma il tempo è essenziale, gli obiettivi sono complessi e probabilmente si dovrà ripensare al modo di operare.

Di fronte alla competizione tecnologica tra le due principali economie mondiali e all’alleanza ideologicamente antagonista dei Brics+, è il momento di una nuova Europa che abbracci un approccio di governo maggiormente orientato al business.

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