Che il governo e la sua maggioranza abbiano inserito la Finanziaria in un percorso di salvaguardia dei conti pubblici è una garanzia da non sottovalutare e da non dimenticare mai, commenta sul Corriere della Sera Daniele Manca.
“Possiamo permetterci di discutere, di controbattere, di criticare questa Manovra grazie al fatto che si è finalmente capito, a destra e a sinistra (si spera), che un Paese con ben oltre 3 mila miliardi di debito pubblico a fronte di una ricchezza creata ogni anno pari a circa 2.200 miliardi, non può permettersi di scherzare con le cifre. Gli esperti storceranno il naso per l’esempio, ma la verità è che siamo come una famiglia il cui introito mensile è inferiore a quello che spendiamo. Per sopravvivere siamo costretti a chiedere soldi in prestito. Ma se chi ce li presta vede che li sperperiamo è pronto a scappare e a non darcene più. La cornice del Bilancio è quindi salva. E un primo importante compito è stato assolto”.
E i 137 articoli di cui si compone la legge? “Saremmo cattivi se pensassimo che siano il frutto delle svariate spinte all’interno della maggioranza? O dovremmo esserlo ancora di più per dire che in fondo tutto ciò sta bene all’intero Parlamento? Ogni partito della maggioranza potrà trovare il suo pezzetto di Manovra al quale attaccarsi per poter dire alla propria area di consenso di aver fatto bene. E all’opposizione di poter dire che questo o quello è sbagliato o è troppo poco”.
La legge di Bilancio è la dimostrazione più evidente di quanto nel nostro Paese spesso si mescoli amministrazione e politica. Si fa fatica ad accettare che ci sia un livello di buona amministrazione che dovrebbe essere comune tale da spingere a riforme condivise tra maggioranza e opposizione.
“È difficile essere contrari a far funzionare meglio lo Stato, o a semplificare. Eppure di quei valori si parla ma tradurli in principi guida sembra essere ben più complicato”.








