La revisione sostanziale delle norme riguardanti la tassa sui cosiddetti “extra profitti” delle banche, annunciata dal Governo, è positiva – commenta sul Messaggero Angelo De Mattia – e si colloca nella giusta direzione del corretto rapporto tra i poteri pubblici e queste ultime.
Tutto sommato, si potrebbe dire “ex malo bonum”: partendo da un testo che aveva suscitato critiche e divisioni si è avuta la capacità di formulare una proposta nel complesso aggregante che, innanzitutto, con il riferimento al tetto dell’imposta dello 0,26 per cento all’attivo medio ponderato per il rischio dovrebbe di fatto fugare il pericolo di una nuova tassa concernente il rendimento dei titoli pubblici che sono privi di rischio.
E ciò proprio in una fase in cui si ha estremo bisogno di una agevole raccolta di risparmio da parte del Tesoro.
In questo caso, i giuristi direbbero che si è agito “de damno vitando”, per prevenire un grave danno, considerate anche le immediate reazioni negative a livello internazionale nei confronti dell’originaria stesura delle norme in questione.
Ma non meno rilevante è l’opzione che si introduce – in alternativa alla sottoposizione a tassazione – della destinazione di un importo pari a due volte e mezza il valore dell’imposta a una specifica riserva per l’irrobustimento in tal modo del patrimonio degli istituti.
Potranno prevedersi ulteriori specifiche destinazioni?
È da verificare.
Si crea un nuovo modello “tassa o rafforza il patrimonio” con la possibilità in quest’ultimo caso di accrescere l’erogazione dei prestiti?
Non è detto, ma la soluzione trovata è anche un bilanciamento per non smentire la via della tassazione prima imboccata, da un lato, e, dall’altro, per tener conto delle osservazioni della Bce e dell’Abi, con quest’ultima che si è espressa solo in sede parlamentare.
Resta il principio con le connesse apprezzabili finalità sociali che ha animato, all’origine, l’intervento normativo, ma lo si riconsidera sotto i diversi profili anche costituzionali e di fatto si esclude che sul gettito di una tassa della specie, che deve essere “una tantum”, si possa confidare per misure stabili di finanza pubblica.








