Goffredo Buccini sul Corriere della Sera parla di “ombre sul futuro dell’Ucraina”: “I più sorpresi sembrano i russi che, forse non a torto, contano su di lui. «Il presidente americano è di nuovo in bilico nella sua oscillazione politica», ha detto con disappunto il falco del regime, Dmitry Medvedev, al quale non difetta la franchezza. Armi no, armi sì, armi forse.
Donald Trump – scrive l’editorialista – continua a diffondere un alto grado d’incertezza sugli scenari di crisi e, segnatamente, sull’Ucraina che ora, all’ennesima piroetta, parrebbe daccapo intenzionato ad aiutare. È un pendolo perpetuo. E proietta un’ombra imponderabile sulla Conferenza per la ricostruzione del Paese aggredito che si tiene a Roma in queste ore. Nulla di nuovo. Il problema del secondo mandato è che il presidente non ha più attorno funzionari capaci di frenarlo ma cortigiani.
Intendiamoci. L’iniziativa presieduta dalla premier italiana Meloni è preziosa. Basti pensare che la Banca Mondiale ha stimato in quasi cinquecento miliardi di dollari il danno patito dall’Ucraina sino al 2024. E che, dunque, la ricostruzione è una priorità strategica per l’Occidente e in particolare per l’Europa. Così come è essenziale individuarne i numerosi campi di intervento per immaginare domani un Paese più moderno e più efficiente, magari membro della Ue.
Ma esiste davvero questo domani? Uno degli effetti collaterali della conferenza romana è svelare chi è ancora imbarcato nello sforzo di impedire il tracollo di Kiev e chi no. Gli americani, che pure avevano partecipato attivamente alla fase preparatoria, latitano. ln realtà il dittatore moscovita è sempre stato chiaro sui suoi veri obiettivi e certo non deve averli omessi nell’ormai famosa telefonata col tycoon.
Assai meno lineare è Trump. «Se sarò eletto farò cessare il conflitto in ventiquattr’ore», aveva detto in campagna elettorale. Ora sogna un Nobel (come Obama, sua vera ossessione) e l’israeliano Netanyahu ha avuto l’ardire di chiederlo per lui. Perciò vorrebbe intestarsi una pace impossibile o, persino, indecente, perché l’unica pace che Putin concepisce a Kiev è quella di un cimitero. Pur nell’insopprimibile erraticità caratteriale – conclude – Trump ha in Putin la sua stella polare, e non da ora. È lecito domandarsi perché”.








