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Le intese commerciali non portano alla pace in Ucraina | L’analisi di Maurizio Molinari

A quattro mesi dall’insediamento alla Casa Bianca, commenta su Repubblica Maurizio Molinari, il corteggiamento negoziale di Donald Trump nei confronti di Vladimir Putin non ha ancora portato a reali passi avanti verso la tregua in Ucraina ma un risultato c’è: fa emergere la volontà del Cremlino di non rinunciare alle ambizioni su Kiev né al disegno di modificare a proprio favore l’equilibrio di sicurezza in Europa.

Trump deve ammettere che le offerte di grandi intese commerciali non hanno fatto breccia perché Putin continua a preferire il disegno strategico pan-russo alla realpolitik.

Putin mantiene intatto l’obiettivo strategico che lo portò ad aggredire l’Ucraina il 24 febbraio 2022 e sfrutta le aperture di Trump per rafforzarsi il più possibile: creando un cuneo politico fra Usa ed Europa, bersagliando l’Ucraina dal cielo con attacchi sempre più massicci e forse preparando un colpo di mano a Kiev o un’offensiva d’estate per travolgere il nemico grazie ai rinforzi della Nord Corea e alla mobilitazione di più contingenti.

Sebbene Trump si consideri il «maestro degli accordi» al momento sembra essere finito nelle mani di Putin. E in qualche maniera lui stesso lo ha ammesso, in un momento di sconforto, rivelando la sensazione di un Putin che «tira alle lunghe».

C’è un dettaglio rivelatore del diverso approccio: Trump afferma che «questo è un conflitto nel quale ogni settimana le parti perdono migliaia di soldati» contando sulla volontà di entrambi di porre fine alla carneficina mentre la feroce battaglia di Bakhmut insegna che gli ufficiali russi non battono ciglio davanti a perdite ingenti.

Ma non è tutto, perché mentre Putin chiede agli ucraini di «iniziare a negoziare» continua a muovere le pedine sulla scacchiera europea in maniera aggressiva.

Il rafforzamento della base di Kamenka a ridosso della Finlandia lascia intendere la volontà di portare instabilità non solo nel Mar Nero ma anche nel Mar Baltico.

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