In passato si è temuto che i rischi principali per le banche, in ambito tecnologico, arrivassero dalle società fintech.
Ma adesso si può dire che questo pericolo, dal punto di vista del settore finanziario, appare superato.
Le banche hanno rilevato la tecnologia o comprato le società più innovative, mentre le fintech hanno mantenuto un ruolo di rilievo solo in specifici comparti.
Ma come ha evidenziato Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, nel frattempo è divenuto chiaro che «la sfida più importante» per il mondo finanziario proviene «dai giganti mondiali della tecnologia quali Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft e altri ancora».
Le bigtech, ha rilevato Panetta al Forex, godono di «formidabili vantaggi competitivi» come «la disponibilità di risorse finanziarie ingentissime» e «la capacità di sviluppare tecnologie alla frontiera digitale».
Ma i loro principali punti di forza, ha osservato, sono «la disponibilità e la capacità di sfruttare l’enorme mole di informazioni su molte centinaia di milioni di clienti».
Inoltre le piattaforme online consentono alle bigtech di interagire simultaneamente e a basso costo con intermediari, imprese e consumatori mediante un unico canale: «Le piattaforme rappresentano un’eccezionale fonte di dati in tempo reale – sull’attività delle imprese, su specifici prodotti, sui gusti e sui redditi dei consumatori – e possono divenire il principale strumento per vagliare il merito di credito della clientela e distribuire servizi finanziari e di pagamento», ha detto Panetta.
I rischi delle big tech.
L’offerta di servizi finanziari da parte delle bigtech ha «notevoli implicazioni per il modello di crescita dell’Ue», hanno osservato Scott James (King’s College London) e Lucia Quaglia (Università di Bologna) in un’analisi per il Parlamento Ue.
Gli autori hanno sottolineato i pericoli per l’Europa.
In primo luogo, la finanza bigtech pone sfide per la stabilità finanziaria e rischi derivanti da una maggiore concentrazione del mercato, mentre l’emissione di stablecoin potrebbe avere un impatto sulla politica monetaria.
In secondo luogo, l’Ue ha un sistema finanziario bancocentrico e le bigtech potrebbero indebolire la capacità di fornire credito all’economia.
Inoltre, secondo James e Quaglia, le bigtech sollevano preoccupazioni per la protezione dei dati e l’uso di informazioni per pratiche di mercato sleali a danno di società e cittadini Ue.
I colossi tecnologici poi forniscono infrastrutture digitali critiche (ad esempio cloud) a società finanziarie e qualsiasi interruzione di questi servizi potrebbe tradursi in un «evento critico» per il sistema finanziario.
Infine per James e Quaglia le bigtech sono «entità gigantesche che operano in più giurisdizioni con attività altamente mobili, sollevando preoccupazioni su come garantire un’adeguata cooperazione transfrontaliera in materia di regolamentazione e vigilanza».
Secondo i due economisti la governance delle bigtech è «di importanza cruciale per le ambizioni dell’Ue in materia di sovranità digitale, date le implicazioni geostrategiche del fatto che le maggiori piattaforme digitali hanno sede al di fuori dell’Ue».
La risposta di legislatori e banche.
Un’analisi delle tre autorità finanziarie europee (Eba, Esma ed Eiopa) ha evidenziato «una presenza crescente, anche se ancora bassa» di filiali di bigtech come fornitori diretti di servizi finanziari in Europa, in particolare nei settori dei pagamenti (Google e Tencent) e della moneta elettronica (tra cui Google, Facebook e Amazon).
Ci sono anche bigtech che forniscono servizi assicurativi, mentre sono assenti nel settore dei titoli e dei mercati (si veda grafico in pagina).
Le autorità Ue non hanno indicato pericoli immediati per la stabilità finanziaria ma hanno evidenziato «i rischi di un ulteriore aumento delle attività, nonché le sfide normative e di vigilanza».
L’Ue ha fatto passi avanti nella regolamentazione con i vincoli posti nel cosiddetto Digital Services Package.
Ma servono regole globali, considerando le ingenti attività cross-border e in diversi settori da parte delle bigtech.
I principali giganti tecnologici hanno sede negli Stati Uniti e in Cina: non saranno facili intese internazionali che mettano d’accordo le due potenze, proprio mentre a livello globale si accentua la frammentazione.
Sulla materia sono al lavoro G7, G20, Financial Stability Board e Bri.
Bankitalia segue da vicino i lavori.
Intanto, mentre la regolamentazione si evolve, le banche devono fare il possibile per farsi trovare pronte.
In tal senso Panetta ha raccomandato agli istituti di credito di ampliare ulteriormente il ricorso a tecniche innovative (come identità digitale, dati destrutturati e l’intelligenza artificiale), di migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi e soprattutto di porre «la massima cura ai rapporti con la clientela».








