Secondo quanto stimato da un focus Censis e Confcooperative, elaborato sull’analisi del rapporto del Fmi, a causa della guerra in Ucraina e l’impennata dei costi dell’energia, sono a rischio 184.000 imprese con almeno 3 addetti. Maggiore incidenza del rischio è fra le imprese dei servizi (20,5%) e fra le piccole (21,3% nella classe 3-9 addetti). Nel complesso le circa 184 mila imprese occupano poco meno di 1,4 milioni di addetti (il 10,5% sul totale) e rappresentano il 10,9% del valore aggiunto del sistema produttivo.
Secondo lo studio, nel I semestre 2022, il 29,8% delle imprese italiane – oltre 285 mila, di cui 221 mila imprese del terziario – non è in grado di recuperare i livelli di capacità produttiva precedenti la pandemia. Il 61,7% è già tornato a un regime produttivo in linea con i livelli pre pandemia (il 65,1% nell’Industria, il 60,2% nei servizi), mentre l’8,5% (circa 82 mila imprese) ha già superato la fase critica con un incremento della capacità produttiva rispetto a due anni fa, anche se nel terziario la quota scende al 6,7% e nell’industria supera il 12%, così come minore è l’incidenza fra le piccole imprese (il 6,6% nella classe 3-9 addetti) e maggiore fra le più grandi (il 23,9% nella classe con almeno 250 addetti).
Il focus ricorda che secondo il Fondo Monetario Internazionale la concatenazione di restrizioni alle attività produttive, di strozzature sul lato dell’offerta di materie prime ed energia e degli effetti inflattivi collegati al rimbalzo della domanda sono costati all’Italia nel 2021 circa un punto e mezzo di Pil. Stima confermata anche per il 2022 dai risultati dell’analisi controfattuale del Fondo Monetario Internazionale. Le stime più recenti del Pil italiano, rilasciate da istituzioni e agenzie internazionali, si attestano intorno al 4% per il 2022 e variano fra il 2,2% e il 2,6% per il 2023.
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