Su Repubblica Massimo Recalcati si occupa della dipendenza dalla videocrazia, sottolineando come un eccesso di stimolazioni al quale i nostri figli sono sottoposti continuamente dagli oggetti tecnologici e dalla nuova videocrazia consumistica — videogiochi, Instagram, TikTok, Facebook ecc. — sembri nuocere alla dimensione necessariamente concentrata dell’attenzione.
Il passaggio repentino da un breve video all’altro, la successione incalzante delle immagini, il bombardamento disordinato delle informazioni sono, come le definirebbe Bernard Stiegler, “psicotecniche” che minano alle radici la possibilità di sviluppare un pensiero critico esercitando delle forme di captazione dell’attenzione tali da distruggerne la natura.
La dimensione dell’attenzione profonda (deep attention) viene infatti devastata da una hyper attention che frammenta il movimento del pensiero.
Si tratta di una vera e propria cultura della sovrastimolazione che finisce per disturbare l’attenzione e, di conseguenza, la possibilità stessa del pensiero.
Così l’apprendimento e la formazione stessa di una intelligenza critica sono le prime vittime di questo affollamento inaudito di stimoli.
In primo piano è una vera e propria intossicazione cognitiva ed emotiva.
Il deficit di attenzione non sorge clinicamente da una mancanza di stimoli, ma dalla loro moltiplicazione abnorme.
L’attenzione dei nostri figli viene continuamente sviata da dispositivi che distruggono la dimensione liberamente contemplativa del pensiero.
Gli spazi educativi che la famiglia e la scuola rendevano disponibili sono travolti da una dislocazione del sapere che non è più a loro disposizione.
Gli insegnanti lo sanno molto bene: la loro battaglia quotidiana ha come obiettivo primario, tanto elementare quanto cruciale, la possibilità di captare l’attenzione degli allievi di fronte a un collasso del dispositivo istituzionale e culturale che rendeva la parola dell’insegnante degna di attenzione in quanto tale.








