“L’attuale stagione irrigua resta critica, seppur non drammatica come lo è stata la precedente, le cui perdite pesantissime e i danni irreversibili sono ancora ferite sanguinanti sulla pelle dei produttori e allevatori, i comparti cerealicolo e zootecnico tra i più colpiti ed è fondamentale che a livello istituzionale si programmi bene la distribuzione, perché l’acqua va governata con parsimonia, altrimenti finisce o si disperde”.
Così Giosuè Catania, presidente della Confederazione degli agricoltori Cia Sicilia Orientale, che dopo il primo fine settimana di caldo intenso avverte: “Non è tempo di fare allarmismi, ma si commetterebbe un grave errore se si pensasse che le piogge dello scorso inverno abbiano risolto il problema siccità nelle nostre campagne”.
Le reti idrauliche da manutenere, obsolete ormai da sostituire, sono complessivamente 900 chilometri: un sistema di scorrimento delle acque a pelo libero che serve oltre 9 mila ettari di superficie, costellato di sgrigliatori, paratoie e deviazioni persino su terra battuta, senza contare le reti secondarie e terziarie per lo più fuori uso e abbandonate.
Per ogni turno di irrigazione di 21 giorni, ricorda Cia, servono 16 milioni di metri cubi circa di acqua ed una immissione giornaliera nei canali di circa 700 mila metri cubi.
Nelle aree più a rischio la situazione resterà difficile da gestire – continua Giosuè Catania – per questo riteniamo sia necessario un grande sforzo delle strutture consortile e del personale per governare la distribuzione dell’acqua in modo razionale garantendone nel migliore dei modi equità e regolare pianificazione dei turni, sperando, naturalmente negli accumuli aziendali e nella Provvidenza tanto cara a noi siciliani, che ci conceda qualche pioggia estiva”.
La Cia riconosce poi lo sforzo dell’Assessore Regionale all’Agricoltura nel programmare una serie di interventi finanziari finalizzati a rendere più funzionali gli invasi, le condotte e le infrastrutture, dopo decenni di incurie e cattiva gestione.
“Ma avvertiamo – prosegue Catania – che le risorse accumulate non saranno sufficienti a garantire in alcune aree a rischio gli adacquamenti programmati, a causa della ridotta capacità di invaso di una delle dighe più importanti del bacino come la Pozzillo che può contenere non oltre 35 milioni di metri cubi”.
Quanto al Biviere di Lentini, che rimane colmo con i suoi 100 milioni di metri cubi di acqua, “ma con i soliti problemi di elevati costi per il sollevamento e il mantenimento di un sistema di distribuzione, potrà servire solo una parte del territorio a causa anche di una rete non in grado di reggere il trasporto e la ripartizione dell’acqua”.
“Quello che serve, in sostanza – aggiunge – è avere una visione di lunga durata. La situazione attuale suggerisce dopo decenni di ritardi di mettere mani ad un piano a medio e lungo termine che affronti le criticità esistenti – conclude – a partire dalla sistemazione e ristrutturazione delle principali opere di adduzione irrigua realizzate negli anni ’50, con il superamento dei limiti strutturali degli invasi: dalla messa in sicurezza e collaudo al rifacimento delle reti, alla sistemazione delle traverse, per finire alla pulizia degli affluenti secondari e la manutenzione delle reti e dei canali di scolo”.








