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La spesa per il riarmo e l’orientamento degli elettori | L’analisi di Alessandro Sallusti

Scommettere che il riarmo sia un tema che possa spostare in modo significativo le intenzioni di voto degli elettori – scrive Alessandro Sallusti sul Giornale – è un po’ come giocare la schedina del Superenalotto: costa poco, ma le probabilità di vincita sono infinitesimali.

Se ne discute da settimane tra e dentro le coalizioni di centrodestra e centrosinistra, ma il barometro del consenso segna tempo sostanzialmente stabile. Gli spostamenti in su o in giù dei singoli partiti sono nell’ordine dello zero virgola, come sempre accade.

E lo stesso vale per la rissa in corso sull’Europa, amica per alcuni e nemica per altri: puro effetto placebo. Se e quando verrà presa una decisione definitiva, ognuno – non tanto sul riarmo, bensì sulle conseguenze economiche pratiche – trarrà le proprie conclusioni, ma quel giorno non è oggi né domani. Comunque, il buon senso fa escludere che l’eventuale conto sarà pagato con una diminuzione del welfare.

Per ora, gli unici soldi pubblici buttati al vento – e sottratti ai bisogni delle fasce più bisognose – sono quelli che le amministrazioni pubbliche di sinistra hanno speso, e più o meno insieme a Cinque Stelle intendono spendere nelle prossime settimane, per pagare le manifestazioni di piazza contro non si capisce bene che cosa: la guerra di Putin? La pace di Trump? L’Europa che non fa nulla? L’Europa che vuole fare qualcosa?

Qualcuno confonde la visibilità mediatica data dal fare casino sempre e comunque con il consenso elettorale. Se così fosse, Matteo Renzi dovrebbe essere attorno al venti per cento, ma nella realtà non si schioda dal due. Se così fosse, i Cinque Stelle non avrebbero dimezzato i loro voti elezione dopo elezione.

Paga la coerenza e, anche se sembra paradossale, i partiti del centrodestra lo sono anche nell’inedita litigiosità, a tratti aspra, di questi giorni. Meloni e Tajani hanno scelto l’estate scorsa di stare nel nuovo governo europeo e provare a incidere dall’interno; Salvini si è messo da subito all’opposizione, senza se e senza ma, della Von der Leyen.

I primi due trattano e mediano, il terzo va a testa bassa contro tutto e tutti. Non c’è alcuna novità, non fino a che il dissidio dovesse entrare nel Consiglio dei ministri. Cosa che, nonostante il trambusto e le sportellate propagandistiche di queste ore, appare molto, ma molto improbabile.

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