“Penso che la sinistra e tutti i sostenitori della causa palestinese, abbandonando ogni complesso di inferiorità, debbano dire immediatamente che la tregua in atto tra Israele e Palestina è cosa buona e giusta e che — per realizzarla — il ruolo di Donald Trump è stato determinante”.
Così Luigi Manconi su Repubblica invitando a ‘guardare all’umanità dopo l’odio’: “È un dovere elementare verso la verità storica, ma non solo: è anche un’importante questione morale. La guerra, ovvero la più tragica invenzione dell’umanità, esige intelligenza e coscienza. E comporta un processo, faticoso e doloroso, di assunzione di responsabilità. Se, dunque, l’azione di Trump per imporre il cessate il fuoco è stata decisiva, enormi restano le sue responsabilità: nell’aver consentito che l’azione efferata di Israele proseguisse fino a oggi e persino oltre oggi.
Nessuno – scrive l’editorialista – può sapere come la situazione, in Palestina, evolverà o si degraderà: si può essere solo felici delle vite risparmiate e delle sofferenze alleviate in questo lasso di tempo presente, ma sulla lunga gittata è difficile essere ottimisti. È possibile che la prospettiva di due popoli e due Stati e quella, ancora più auspicabile, di uno Stato federale per israeliani e palestinesi riprenda, magari lentissimamente, ma riprenda. Eppure, il fuoco che brucia nel sottosuolo di quella terra è tutt’altro che spento. L’odio trova la sua forma perfetta e il suo perfetto bersaglio. Tanto più che, come in tutti i conflitti all’ultimo sangue, la posta in gioco è il controllo del territorio — un territorio assai scarso — e la demografia è destinata a giocare un ruolo cruciale. Due esempi, pur incomparabili tra loro e con quanto accade in Medio Oriente, possono tuttavia offrirci qualche lezione: la guerra civile in Sudafrica e quella in Ruanda sono state guerre intestine, che hanno prodotto un numero incalcolabile di morti e che hanno lasciato tracce incancellabili e ferite non rimarginabili: ciò nonostante, hanno prodotto uno sviluppo successivo che tramite strategie di riconciliazione e l’esercizio della giustizia riparativa hanno determinato rilevanti cambiamenti.
Certo – conclude – l’odio non è stato estirpato, ma ne sono state disinnescate le cause più robuste e ne sono state contenute le manifestazioni più brutali dentro il sistema democratico e le regole dello Stato di diritto”.








