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La rete unica è una grande opportunità per l’Italia, ecco i consigli per non sprecarla | L’intervento di Riccardo Ruggiero

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L’Italia soffre un ritardo nella digitalizzazione e nella diffusione della banda-larga e questo digital divide si traduce in un gap di competitività del sistema Paese. Il mercato italiano delle tlc è in enorme difficoltà, in particolare per gli operatori infrastrutturali, per ragioni esogene dovute ai cambiamenti radicali della domanda che costringe gli operatori a reinventare l’offerta, i canali, la comunicazione sempre più parcellizzati, sempre più digitali e meno “fisici”. Questa continua veloce evoluzione ha portato molti operatori a entrare in difficoltà perché troppo lenti a percepire e implementare il cambiamento. Inoltre, ci sono fattori endogeni, perché il sistema non remunera gli investimenti e questo frena lo sviluppo anzi crea in qualche caso crisi.

La soluzione è in parte di sistema e in parte gestionale. Mi chiedo: è possibile che Tim cambi cinque amministratori delegati in sette anni o Open Fiber ogni tre-quattro anni? Questo per parlare delle due aziende a trazione italiana di sistema. Quest’ultimo poi deve incentivare gli investimenti nel modo giusto, con una visione a medio-lungo termine senza isterie, organica e in parte guidata dal governo, attraverso gli enti preposti.

Ci sono tante iniziative mal organizzate e soldi che rischiamo di perdere in un’ottica puramente burocratica. Serve che gli interlocutori giusti si mettano al tavolo con gli stakeholder pubblici e privati e si rivedano le regole del gioco e le tempistiche, in un’ottica seria di medio-lungo termine compatibile con i vincoli legali, finanziari e soprattutto operativi oltre che ambientali. La Rete Unica è sicuramente la risposta per accelerare la digitalizzazione del Paese e adeguarsi ai grandi Paesi europei e non solo.

Innanzitutto, la rete unica deve essere fatta bene. In questo caso aggiunge valore, e ciò senza voler entrare nel tema del prezzo. Tim e Open Fiber sono sicuramente compatibili e andrebbero unite perché il mercato sembra non reggere la competizione di due operatori infrastrutturali: se si rilancia Tim ci si ritrova con il problema Of e viceversa. In più la creazione della rete unica è l’unica soluzione per il superamento del digital divide in Italia, dotandosi di un’infrastruttura ultra-fast broadband e creando un unico soggetto integrato, in grado di operare su vasta scala con un’infrastruttura digitale in chiave tecnologica multi-standard, quindi utilizzando Ftth, Fttc, Fwa, tecnologie già disponibili per raggiungere tutti gli obiettivi.

Di conseguenza la creazione di Open Fiber è stata un’ottima idea, anche perché è nata a valle di una consultazione pubblica che sanciva la non convenienza a operare in certe aree e serviva, quindi, un operatore sostenuto che investisse. Magari il modello poteva essere diverso ma ora servirebbe di rilanciare il tutto in maniera ordinata, con Tim e Open Fiber sedute al tavolo. Le due aziende dovrebbero accelerare la loro trasformazione: Tim deve liberarsi dalle zavorre del passato e ritornare a generare cassa e OF dovrebbe orientarsi fortemente al mercato. La mia esperienza dimostra che le aziende si rilanciano dalla parte alta del conto economico, attraverso la crescita di ricavi e margini e non attraverso continue ristrutturazioni di costi che a medio-lungo termine ne decretano il fallimento.

Inoltre, per tutti gli azionisti sarebbe un’operazione di successo, nel lungo termine. sbagliato ritenere che i fondi di investimento non possano essere parte di un’operazione infrastrutturale di lungo periodo: primo, perché ci sono fondi infrastrutturali con orientamento a lungo termine; secondo, perché lo stimolo al rispetto dei piani e alla diligenza finanziaria è un valore. I patti vanno scritti prima e i piani vanno fatti aggressivi ma realistici. Inoltre, lo Stato ha tutti gli strumenti di controllo per evitare che gli asset cadano in mani sbagliate, direttamente attraverso strumenti come la golden power, o indirettamente attraverso Cdp. Ma questo è il perimetro, altrimenti torniamo all’Iri, che però è figlia di contesti diversi.

L’Italia ha avuto l’irripetibile occasione del Recovery Fund pari a 209 miliardi di euro – di cui 6,7 miliardi per le tlc soprattutto nelle aree bianche – che purtroppo nel 2023 appare un’occasione bruciata. Il loro corretto indirizzo sarebbe strategico per supportare gli investimenti necessari alla rete unica, con una partecipazione agli investimenti coinvolgendo soggetti pubblici (come Cdp) e privati, insieme con l’informatizzazione della pubblica amministrazione e l’accelerazione della creazione e sviluppo dell’Internet of Things.

Un ulteriore ruolo chiave del governo potrà essere la creazione di un Centro di Ricerca e Sviluppo Nazionale per attrarre capitali esteri, talenti nazionali e internazionali, start-up innovative, sviluppo di brevetti e copyright nazionali. Una delle finalità del Centro di Ricerca e Sviluppo Nazionale dovrebbe essere anche di trasferire know how alle imprese nazionali per accelerarne la competitività a livello internazionale e la loro inevitabile trasformazione nei prossimi anni, per evitarne l’inesorabile declino e l’impoverimento del Paese.

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