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La promozione di Fitch è un’ottima notizia | L’analisi di Giampaolo Galli

La promozione del debito italiano decisa da Fitch, da BBB a BBB+, è un’ottima notizia, perché certifica il miglioramento dei conti e contribuisce a ridurre lo spread Italia. Essa fa seguito ad analoga promozione da parte di Standard and Poor (nell’aprile scorso) e alla modifica dell’outlook fatta nel maggio scorso da Moody’s, da stabile a positivo. Non è vero che l’aggiunta di un “+” al nostro BBB sia una cosa da poco; nel linguaggio delle agenzie di rating, questo corrisponde a un “full notch”, un miglioramento pieno del giudizio; il prossimo gradino è A-, un livello che l’Italia potrebbe meritare se il miglioramento dei conti pubblici continuasse come negli ultimi anni.

Il merito va al Ministro Giorgetti, che è riuscito a convincere l’intero governo – e soprattutto la Presidente del Consiglio – che con il debito al 135% del Pil occorre esercitare grande prudenza. Il risultato è stato ottenuto venendo meno a gran parte delle promesse elettorali (abolizione della legge Fornero, flat tax, drastica riduzione delle tasse, finanziamenti per sanità, scuole, ricerca ecc.), il che oggettivamente rappresenta un malfunzionamento della democrazia, perché si fa l’opposto di ciò che era stato promesso agli elettori.

Ma la vera sorpresa – ciò che rende il risultato piuttosto solido e credibile per i mercati e le agenzie di rating – è che l’elettore non si è affatto sentito tradito, tant’è che continua a esprimere ampio consenso nei confronti del governo; un’alchimia politica assai rara e per nulla banale.

Rispetto a ciò che bisogna fare in Italia, la stabilità dei conti è metà dell’opera. L’altra metà sono le riforme per la crescita; né più né meno, quelle previste nel PNRR. Ci vorrebbe un altro Giorgetti che ci dicesse di quanti giorni si è ridotto l’arretrato nella giustizia, oppure di quanto si sono velocizzati i tempi medi per ottenere un permesso di costruire, oppure ancora di quanto si è accresciuta la concorrenza nei servizi.

Ma su questo fronte non vediamo altrettanta determinazione, perché le priorità del governo (premierato, separazione delle carriere, autonomia differenziata) hanno ben poco a che fare con il tema del rilancio della crescita. Un vero peccato: lo spartito era pronto, bastava attuarlo con un po’ più di convinzione.

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