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La Polonia e la difesa militare | L’analisi di Filippo Merli

Con Donald Trump non condivide solo il nome. Il premier polacco Donald Tusk – scrive su Italia Oggi Filippo Merli – sposa anche la politica militare del presidente americano, che ha chiesto all’Europa di spendere di più nel settore della difesa.

La Polonia sta già facendo la sua parte: col 4,7% del Pil destinato agli armamenti, è il paese della Nato che nel 2025 investirà maggiormente in termini di sicurezza.

Ed è il leader indiscusso dell’Unione europea per la protezione armata del suo territorio.

La vicinanza con l’Ucraina e alcuni avvertimenti da parte della Russia (nel marzo del 2024 i caccia dell’aeronautica polacca erano decollati per intercettare un missile da crociera di Mosca che aveva violato i cieli della città di Oserdow) hanno spinto il governo di Tusk a stanziare 30 miliardi di euro per potenziare i suoi sistemi di difesa.

I vari progetti di sicurezza includono ostacoli anticarro, bunker e tecnologie anti drone per creare sistemi di sorveglianza e rilevamento delle minacce per quello che viene considerato come l’investimento sulla difesa più significativo nella storia post bellica della Polonia.

Tusk ha invitato gli altri membri dell’Ue a fare lo stesso: «Se noi europei non spendiamo adesso per la difesa saremo costretti a spendere dieci volte di più in caso di escalation dei conflitti», ha spiegato il primo ministro polacco, che concorda con Trump sul fatto che la spesa militare debba essere «aumentata in tutta l’alleanza» per proteggere il fianco orientale dell’Europa da una possibile aggressione armata della Russia.

Per questo la Polonia è in prima linea per la realizzazione dell’European sky shield, un sistema di difesa aerea e missilistica simile all’Iron Dome di Israele.

«L’attacco a Tel Aviv ha dimostrato quanto questi sistemi di sicurezza siano essenziali», ha sottolineato Tusk.

«Non c’è motivo per cui l’Europa non debba avere il suo scudo missilistico».

Il premier polacco, con un riferimento non troppo velato alla Russia, ha detto che non ci vuole molta immaginazione per capire da dove potrebbe provenire un «potenziale attacco» all’Europa.

Varsavia ha già avuto un assaggio: nell’aprile dello scorso anno, poco dopo la violazione dei cieli del missile russo, un razzo lanciato dalle truppe di Mosca in Ucraina era caduto a soli 15 chilometri di distanza dal confine con la Polonia.

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