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La manovra dei 154 articoli: tra tagli, bonus e nuove strette fiscali | L’analisi

La legge di Bilancio 2026 ha superato l’ultima soglia tecnica: la Ragioneria generale dello Stato ha apposto la sua bollinatura e il testo, ora ufficiale, è stato trasmesso a Palazzo Chigi.

Rispetto alla prima bozza, i numeri crescono: gli articoli salgono da 137 a 154, segno evidente di un lavoro di cesello continuo che ha accompagnato il confronto politico nelle ultime settimane.

Al cuore della manovra ci sono misure fiscali, riforme di gettito, una nuova rottamazione, la spending review dei ministeri, alcuni interventi mirati su banche, affitti e digitale, e la conferma del taglio dell’Irpef per una fascia significativa di contribuenti.

Vediamo nel dettaglio le principali novità.

L’intervento più atteso riguarda il taglio della seconda aliquota Irpef, che passa dal 35% al 33% per i redditi compresi tra i 15mila e i 28mila euro.

Secondo le stime della relazione tecnica, la misura coinvolgerà circa 13,6 milioni di contribuenti e rappresenta uno dei pilastri del pacchetto fiscale.

TASSAZIONI E BONUS

Accanto a questa misura viene confermata anche la tassazione agevolata al 5% per gli aumenti contrattuali del biennio 2025-2026, così come le detassazioni su straordinari e lavoro nei giorni festivi e domenicali.

Viene anche aumentata la deduzione per i buoni pasto, che sale da 8 a 10 euro.

Dopo una lunga battaglia all’interno della maggioranza è arrivata la mediazione sugli affitti brevi.

Il testo definitivo mantiene la cedolare secca al 21%, ma solo per una singola unità immobiliare, che dovrà essere individuata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi.

C’è però un vincolo importante: per beneficiare dell’aliquota ridotta, l’immobile non deve essere stato affittato tramite portali o agenzie immobiliari.

In caso contrario, si applica l’aliquota ordinaria del 26%.

Secondo la relazione tecnica, circa il 90% degli affittuari continuerà a usare le piattaforme digitali, con un conseguente incremento di gettito stimato in 102,4 milioni di euro annui.

SETTORE BANCARIO E FISCALITÀ

La manovra colpisce duramente anche il settore bancario.

Viene previsto un aumento dell’Irap di due punti percentuali, con un acconto già nel 2026 che dovrebbe generare un gettito di oltre 1,1 miliardi, salendo a 1,3 miliardi negli anni successivi.

Sul fronte degli extraprofitti, il governo introduce un meccanismo di “affrancamento” per i 6,2 miliardi accantonati dalle banche nel 2023.

L’aliquota sarà del 27,5% nel 2025, salirà al 33% nel 2026 e tornerà al 40% dal 2028.

La manovra inserisce una presunzione automatica di utilizzo di questi fondi a partire proprio dal 2028, trasformando quella che era una facoltà in un vero e proprio obbligo contabile.

Restano fermi i poteri degli organi amministrativi degli istituti nella distribuzione dei dividendi, e per questo motivo il gettito derivante dalla tassazione delle rendite finanziarie, stimato in 1,2 miliardi, non viene contabilizzato con certezza.

INTERESSI, SVALUTAZIONI E DIVIDENDI

Vengono introdotte novità anche su interessi passivi e svalutazioni.

Gli interessi saranno deducibili al 96% solo per il periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2025, con un incremento graduale di un punto all’anno fino al 2028.

Per quanto riguarda le svalutazioni legate al metodo delle perdite attese, la deduzione avverrà in cinque quote costanti, a partire dall’anno in cui la svalutazione è iscritta a bilancio.

Sulle Dta (crediti fiscali differiti) arriva un paletto: non potranno essere più convertite in crediti d’imposta.

La misura vale 164 milioni nel 2026, 95 nel 2027 e 64 nel 2028.

Infine, il regime agevolato Irpef sui dividendi (che tassa solo il 5% del percepito) sarà valido solo per chi possiede almeno il 10% della partecipazione societaria.

Il gettito atteso è di circa 1 miliardo all’anno.

ROTTAMAZIONE E FLAT TAX

La manovra riduce l’aliquota sulle monete digitali in euro dal 33% al 26%, mentre si amplia la flat tax per i cosiddetti Paperoni stranieri che trasferiscono la residenza fiscale in Italia: il contributo sale da 200mila a 300mila euro l’anno.

La nuova rottamazione riguarderà i carichi affidati agli agenti della riscossione tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2023, ma esclude le cartelle derivanti da accertamento.

I contribuenti potranno saldare in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2026 oppure in 54 rate bimestrali fino al 31 maggio 2035, con interessi del 4% annuo.

La rata minima è di 100 euro.

Prevista anche una norma anti-abuso: chi salta la prima rata, l’ultima o due qualsiasi (anche non consecutive), perderà i benefici della sanatoria.

Regioni ed enti locali potranno introdurre autonomamente sanatorie sui tributi propri, inclusi quelli di difficile riscossione come le multe automobilistiche.

TAGLI E SPENDING REVIEW

Migliora la situazione per il Fondo cinema e audiovisivo.

Il taglio sarà inferiore rispetto alle stime iniziali: 150 milioni in meno nel 2026 (anziché 190) e 200 milioni nel 2027 (anziché 240).

Il fondo per contenziosi nazionali e internazionali raddoppia rispetto alla prima bozza e arriva a 2,2 miliardi di euro per il 2026.

Sul fronte dei risparmi, il governo ha messo mano a una spending review da oltre 7 miliardi: 2,2 miliardi nel 2026, altri 2,15 miliardi nel 2027 e infine 2,8 miliardi dal 2028.

I tagli maggiori ricadono su: Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (520 milioni), Ministero dell’Economia (450 milioni) e Ministero dell’Ambiente e Sicurezza energetica (370 milioni).

Palazzo Chigi non si salva: dovrà restituire 50 milioni all’anno a partire dal 2026.

CONCLUSIONI

La manovra 2026 appare come un compromesso tra esigenze di tenuta dei conti e la volontà di mostrare attenzione ai redditi medio-bassi.

Il taglio Irpef è il fiore all’occhiello, ma si regge su una rete fitta di coperture, molte delle quali tecniche e complesse, che spostano l’onere su settori forti come il bancario, sugli immobili turistici e sui contribuenti che scelgono il canale digitale.

Il bilancio tiene, ma solo se tutto va secondo i piani.

E come sempre, l’ultima parola spetterà al Parlamento.

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