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La difesa deve essere nazionale o europea? | L’analisi di Veronica De Romanis

Come sottolinea sulla Stampa Veronica De Romanis, il dibattito sulla difesa europea nel nostro Paese si è – oramai – polarizzato in due schieramenti: da un lato chi sostiene il rafforzamento della difesa nazionale, dall’altro chi promuove la creazione di una difesa comune europea.

La differenza tra i due approcci – osserva De Romanis – ruota attorno a due questioni fondamentali: la scelta degli acquisti e la copertura dei costi.

Il primo nodo riguarda l’acquirente: devono decidere i singoli Stati oppure l’Unione nel suo complesso?

In realtà, le due strade vanno percorse insieme perché serve sia maggiore coordinamento sia maggiore integrazione che, come è noto, richiede tempo.

Il coordinamento tra le difese nazionali è fondamentale, ad esempio, per quanto riguarda gli eserciti dei Paesi.

Del resto, un esercito europeo difficilmente potrà essere pronto a breve: bisogna prima affrontare criticità logistiche, funzionali ma anche identitarie legate al “sentirsi europei”.

Precisato questo aspetto, resta da affrontare la seconda questione: come finanziare tutto ciò?

Ed è proprio su questo punto che il dibattito in Italia assume contorni a tratti surreali.

Chi non vuole la difesa nazionale sostiene che non ci siano le risorse per finanziarla e, per questo, sia preferibile puntare su un progetto europeo.

Il messaggio implicito, tanto semplice quanto fuorviante, è il seguente: la difesa nazionale la finanziamo noi e non abbiamo soldi, quella europea la pagherà qualcun altro.

Purtroppo, la realtà è un’altra.

Anche la difesa europea deve essere pagata, esattamente come quella nazionale: non è gratis.

Un concetto banale che andrebbe spiegato senza ambiguità.

E invece, si confonde l’opinione pubblica con la solita parolina magica: debito europeo o, meglio, eurobond, un termine inglese che contribuisce a dare l’impressione che si tratti di qualcosa di “altro” da noi.

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