“Nel confronto a porte chiuse con gli alleati, i governanti trumpiani sono ancora più brutali rispetto a ciò che vediamo in pubblico”.
Così Giuseppe Sarcina sul Corriere della Sera, ricordando che “da Parigi a Berlino, da Roma a Londra, prende sempre più quota la convinzione che la deriva dei continenti, la distanza politica tra America ed Europa, stia per diventare un dato di fatto.
La prova – spiega l’editorialista – deriva da tre indizi, tre dossier di importanza capitale: Ucraina, appunto. Poi Gaza e Iran.
Fino a poche settimane fa, Donald Trump pareva ancora oscillare tra le ragioni di Kiev e gli interessi predatori di Mosca. Ma a partire dalla telefonata con Vladimir Putin, il 4 giugno scorso, si sono moltiplicati i segnali di disimpegno nei confronti dell’Ucraina.
Gli europei stanno provando a restare agganciati all’America. Il tentativo più concreto si consumerà tra due settimane, nel summit dei capi di Stato e di governo della Nato, all’Aia, in Olanda.
Com’è noto quasi tutti i 32 partner dell’Alleanza si sono impegnati ad approvare l’aumento delle spese militari nazionali, come richiesto dagli Usa, portandole al 5% del PIL.
Il segretario dell’Alleanza atlantica, Mark Rutte, in questi giorni sta facendo il giro delle capitali. Il 12 giugno sarà a Roma e ripeterà alla premier Giorgia Meloni quello che ha già detto agli altri leader: se vogliamo evitare “sorprese” all’Aia, dovete tutti approvare il nuovo target di spesa.
Quali “sorprese”? Sempre Rutte ha spiegato: gli americani potrebbero far fallire il vertice e spostare altrove, nell’Indo-Pacifico, le risorse finanziarie.
Gli Stati Uniti e la maggioranza dei Paesi europei stanno prendendo direzioni opposte anche su Gaza. Come si è visto mercoledì 4 giugno, in una drammatica riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Vero, l’Unione europea non è ancora compatta su possibili misure – non diciamo sanzioni – da adottare contro Israele.
Anche sull’Iran. Qui Trump ha iniziato una trattativa senza consultarsi non solo con gli europei, ma neanche con Israele.
In realtà, a sorpresa, e tra lo sconcerto dei partner occidentali, il presidente americano ha chiesto aiuto a qualcuno.
Chi? Non è difficile: Putin.
Sempre nel colloquio telefonico del 4 giugno, Trump ha sollecitato il leader russo a favorire il negoziato sul nucleare con Teheran.
In cambio, gli americani – conclude – continueranno a mediare tra India e Pakistan, in un’area di comune interesse per Mosca e per Washington”.








