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La Bce va alla conta decisiva tra falchi e colombe | Lo scenario

In vista della riunione del 14 settembre la Bce non potrà non tenere conto delle previsioni d’autunno e dei preoccupanti segnali economici.

Il rallentamento della Cina e i problemi della Germania, scrive MF-Milano Finanza, sono da considerare prioritariamente.

Forse stime e segnali rafforzeranno la posizione di quei governatori, come Ignazio Visco e il francese Villeroy de Galhau, secondo cui ormai il livello dei tassi si è avvicinato al picco.

Anche se subito si è fatta sentire la componente tedesca, a cominciare dal presidente della Bundesbank Joachim Nagel, per dissentire, con minore durezza però rispetto ad altre volte.

In precedenza Fabio Panetta aveva sostenuto che è preferibile una durata più lunga di un dato livello dei tassi alla continua loro ascesa.

Anche in questa circostanza non erano mancati i rilievi di fonte Bundesbank, a testimonianza del fatto che un eventuale ammorbidimento della manovra monetaria dovrà continuare a fare i conti con le posizioni tedesche nel consiglio direttivo, sostenute anche in presenza di un indebolimento dell’economia della Germania.

Se si dovesse trovare un punto di equilibrio tra le posizioni sinora manifestate e si ritenesse che le previsioni autunnali della Commissione non superino dubbi e preoccupazioni, l’ipotesi di una pausa (derivando i problemi maggiormente dal rallentamento economico rispetto al pure non sottovalutabile impatto inflazionistico) può essere quella che il 14 settembre coagulerà i maggiori consensi.

Sarebbe una scelta che lascerebbe in ogni caso impregiudicate le decisioni future, anche se rappresenterebbe un segnale importante che, nelle aspettative dei favorevoli, sarebbe destinato ad avere un seguito con un allentamento nei prossimi mesi.

Un aumento, pure di 25 punti base, sarebbe invece visto, proprio per la forte spinta che muove in senso opposto e per la realtà in mutamento, come una misura che viene adottata magari perché si sa più di quanto si dice e non certo per stime favorevoli.

L’effetto-annuncio, oltre a quello tangibile discendente dall’aumento dei tassi, sarebbe negativo.

Si trascurerebbero altresì i riflessi sul piano della stabilità finanziaria e si ometterebbe ogni attenzione a un raccordo con quanto sta avvenendo a livello comunitario con la riforma del Patto di Stabilità, con la questione ancora pendente della ratifica del Mes, con la necessità di far avanzare l’Unione bancaria.

Altro che parlare di politica dei redditi promuovendo politiche coerenti in materia economica e monetaria.

Altro che sostegno agli investimenti.

Un aumento ulteriore dei tassi sarebbe inteso come la persistenza e il rafforzamento della linea monetaria rigoristica che non ha apportato significativi benefici ed è sopravvenuta dopo il gravissimo errore compiuto nel trascurare del tutto lo sviluppo dell’inflazione quando sarebbe stata meglio aggredibile con una politica di anticipo.

Però il 14 settembre non sarà facile imboccare una linea pragmatica e ragionevole in presenza delle spinte dei Paesi frugali, ma i membri del direttivo che invece sostengono posizioni equilibrate sono chiamati a dare battaglia e a ricercare le necessarie convergenze.

Ci sono momenti in cui bisogna prepararsi con efficacia alla “conta”.

una prova anche per il ruolo della presidente Christine Lagarde, fin qui svolto senza infamia e senza lode, che di recente ha rinnovato le scuse per l’iniziale mancata azione di contrasto dell’inflazione.

Ora non ci si deve predisporre alle scuse per non avere adeguatamente bilanciato l’azione anti-inflazione con l’attenzione al contesto economico.

Il “tacco e punta” di cui parlava Guido Carli.

C’è poi da considerare che la Fed nella riunione del 20 settembre probabilmente deciderà una pausa agli aumenti dei tassi. Insomma, quella del 14 si prospetta come una seduta di particolare impegno.

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