La Bce alza ancora i tassi d’interesse, portandoli ai massimi dal 2001, ma spiazza con nuove stime sull’inflazione molto peggiorate rispetto alle precedenti. E la linea dei falchi si rafforza, spinta dai dati che vedono il target del 2% mancato anche nel 2025. Il cammino, spiega la presidente Christine Lagarde, non è ancora finito: un altro rialzo a luglio è «molto probabile», e per la decisione di settembre si prepara già un nuovo scontro all’interno del Consiglio direttivo.
Tra i governatori delle banche centrali, stavolta, c’è stato un «consenso molto molto ampio» sulla scelta di aumentare di altri 25 punti base il costo del denaro che ora è al 4%. La discussione, spiega Lagarde, è stata «armoniosa, molto buona». Del resto, i nuovi dati parlano da soli: gli esperti dell’Eurosistema si attendono che l’inflazione complessiva si attesti in media al 5,4% nel 2023, al 3,0% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. La spinta sui prezzi al netto di alimentari ed energia, che resta alta, costringe a rivedere al rialzo le stime precedenti: per quest’anno salirebbe al 5,1%, per poi ridursi al 3,0% nel 2024 e al 2,3% nel 2025. Basta per far concludere ancora una volta al Consiglio direttivo che, anche se l’inflazione mensile è in calo, «rimarrà troppo alta per troppo tempo».
La colpa, spiega Lagarde, è dei passati rincari sui prezzi dell’energia, che ancora stanno trasmettendo i loro effetti all’economia, e delle spinte che arrivano dal mercato del lavoro. Non sono i salari, tanto è vero che la presidente chiarisce che «non vediamo una spirale salari-prezzi». A pesare è un’altra componente, ovvero «il costo del lavoro per unità di prodotto», di cui i salari sono soltanto un elemento. Sebbene i passati rialzi dei tassi si stiano trasmettendo con forza all’economia reale, tanto che la Bce lima le stime di crescita del 2023 (da 1% a 0,9%) e del 2024 (da 1,6% a 1,5%), l’inflazione al 2,3% nel 2025 «non è soddisfacente» e quindi «a meno che non ci sia un cambiamento concreto del nostro scenario», è «molto probabile» che a luglio ci sarà un nuovo rialzo.
Tassi più alti significano mutui più cari, e per il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini la Bce «sta danneggiando famiglie e imprese». Il sottosegretario al Mef Federico Freni chiede di avviare «una riflessione, responsabile e puntuale, sulla durata di una politica monetaria restrittiva che sta scaricando contraccolpi pesantissimi sull’economia reale». E le associazioni dei consumatori aggiornano i conti per le famiglie: «Considerando l’ultimo Taeg comunicato da Bankitalia, 4,52 per cento, l’importo e la durata media di un mutuo, un rialzo dei tassi di 25 punti corrisponde ad un aumento della rata di un mutuo a tasso variabile pari a 20 euro al mese. Una stangata annua pari a 240 euro», secondo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
C’è poi un altro aspetto, di impatto ancora maggiore: a fine giugno scade l’agevolazione per gli under 36 che vogliono acquistare con un mutuo la prima casa, e se il governo non la rifinanzierà i prestiti caleranno drasticamente. Secondo le stime di Facile.it, nel primo semestre 2021 i richiedenti con meno di 36 anni rappresentavano il 43,4% delle richieste totali di mutui prima casa, quota salita al 51,3% tra gennaio e maggio 2023. La Bce ha anche confermato lo stop ai reinvestimenti del programma di acquisti di titoli App a partire dal prossimo mese (un portafoglio da oltre 3mila miliardi), nel giorno in cui il debito pubblico italiano segna l’ennesimo record: ad aprile il debito delle amministrazioni pubbliche rilevato da Bankitalia è aumentato di 21,8 miliardi rispetto al mese precedente, salendo a 2.811,6 miliardi.








