I dazi americani resteranno “alti e persistenti” fino al termine del mandato dell’amministrazione Trump, nel gennaio 2029, ma la crescita delle aziende italiane nel mercato americano, il primo per capitali nel mondo, “non deraglierà”.
Nessuna delle 600 aziende italiane seguite da Intesa Sanpaolo ha deciso di lasciare gli Stati Uniti.
Lo ha dichiarato il vertice della banca italiana, presente a Washington, dove è in corso la sessione autunnale del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.
Al briefing, in un hotel a Georgetown, hanno partecipato Mauro Micillo, Chief della divisione Imi Corporate & Investment Banking; Massimo Mocio, responsabile Global Banking & Markets; Nicola Doninelli, che si occupa di Distribution platforms; Gregorio De Felice, Chief Economist; Alberto Mancuso, a capo dell’international network e Nicola Baiocchi, responsabile della filiale di New York.
“Siamo presenti da poco più di cento anni in Usa, le radici sono profonde – ha ricordato Micillo – è un po’ la nostra seconda casa, lo è ancora di più davanti agli sconvolgimenti degli ultimi anni”.
“Siamo convinti – ha detto – di crescere nei prossimi anni. Neanche le tensioni commerciali hanno intaccato questa nostra convinzione, uno dei primi a sbilanciarsi è stato il nostro Chief Economist (De Felice, ndr) con i suoi colleghi: la previsione era di nicchia e ora invece è mainstream. L’impatto delle politiche tariffarie per l’Eurozona è contenuto e gestibile, e lo stesso si può dire per l’Italia. E la ragione per cui eravamo ottimisti, e lo siamo ancora oggi, è perché vediamo segnali di crescita, nella prospettiva futura la crescita di tutte le attività sarà un fattore trainante”.
Intesa Sanpaolo ha “stabilmente” il 50 per cento di clienti non italiani, cioè si considerano quelli che hanno conti e business fuori dall’Italia.
“Per noi è rilevantissimo – ha detto Micillo – siamo leader in Italia ma abbiamo scelto anche una strategia internazionale. Il mercato americano ha rappresentato una grossa opportunità anche se non è stato facile”.
“Le prospettive per le aziende italiane sono positive – ha ricordato Micillo – la stabilizzazione delle politiche delle tariffe, perché non ci sono solo gli Usa, mi pare che l’interesse delle aziende verso l’America c’è”.
Le piccole e medie aziende stanno cercando di stabilire una presenza commerciale in Usa, anche se resta un processo lungo. Sono tutte aziende che vedono questo mercato come “essenziale”, a prescindere dalle tariffe, anche perché dallo studio fatto da Intesa Sanpaolo non ci sarà un impatto sul prodotto di qualità italiano, perché va verso un tipo di cliente che vuole il Made in Italy ed è disposto a pagare anche di più.
“Lo scenario che stiamo sviluppando – ha spiegato De Felice – considera dazi alti e persistenti fino al termine del mandato”.
La conclusione è arrivata dopo l’analisi di duecento microsettori per arrivare a un trend di mercato e di previsione.
Le aziende italiane sono pronte a investire sul mercato americano, mentre Intesa Sanpaolo ha partecipato a progetti miliardari su infrastrutture sostenibili e data center, altro fronte su cui l’istituto punta molto.
Negli ultimi mesi, proprio in risposta a questo trend, la banca ha rafforzato i suoi uffici in Usa, con esperti da Lussemburgo, Londra e Italia trasferiti a New York per fare da punto di riferimento per aziende e investitori.
La banca ha ricordato di essere la leader in Italia e tra le prime sette-otto nel mondo.
Nei primi otto mesi del 2025 i volumi globali di project finance hanno superato i 200 miliardi di euro, con Imi Cib coinvolta in operazioni per oltre 30 miliardi, pari a circa il 15 per cento del mercato complessivo.








