Milano come molte altre città, anche del sud, sta assistendo a uno scontro importante sull’urbanistica anche tra classi sociali. Il problema è che nei media prevale una interpretazione ideologica piuttosto che materialista di questo scontro che conduce a conclusioni del tutto errate su vincitori e perdenti di diverse strategie.
L’inchiesta sui presunti abusi e corruzioni al Comune di Milano farà il suo corso, anche se gli elementi emersi finora sono quasi sconcertanti per quanto flebili, e il problema più grosso sembrano gli oneri di urbanizzazione risibili accordati con le procedure facilitate, ma l’oggetto di questo articolo è un altro. E cioè chi spinge e chi resiste alle nuove costruzioni e perché. Curiosamente chi resiste ai nuovi grattacieli si ammanta di motivazioni ambientaliste e sociali, soprattutto in termini di diseguaglianze. Ma in nessuno dei due casi queste motivazioni reggono ad una analisi concreta degli interessi e degli effetti. Partiamo dalle motivazioni ambientaliste. Non è vero che le grandi costruzioni in centro siano necessariamente un danno per l’ambiente. La loro principale alternativa sono costruzioni periferiche più diffuse, con più consumo di suolo e certamente maggiori consumi per trasporti e per riscaldamento/raffreddamento delle unità più isolate. Più petrolio, più emissioni.
Parliamo ora di diseguaglianze. Si dice che le nuove costruzioni non sarebbero alla portata delle classi meno abbienti. Mi pare un’ovvietà, nessun appartamento nel centro di Milano è alla portata delle classi meno abbienti. Se facessimo appartamenti pubblici probabilmente sarebbero oggetto di assalti da raccomandati dalla politica (tutt’altro che poveri come emerso in vari casi a Roma) e occupazioni (in questo caso di malavitosi e figli annoiati della borghesia affluente). Anche quando assegnati correttamente, genererebbero una ingiustizia straordinaria tra assegnatari e non assegnatari, altrettanto poveri ma senza la casa in centro.
Ma quali sono gli effetti di una nuova ingente offerta di appartamenti privati in centro? Certamente, come in qualunque mercato, quella di far scendere i prezzi degli appartamenti in centro, in particolare delle vecchie costruzioni. E per effetti di sostituzione, di far scendere tutti i prezzi degli immobili. In altri termini, chi ha interesse ad opporsi a nuove costruzioni o trasporti più efficienti che rendono appetibili nuovi quartieri è proprio chi gode di una rendita di posizione, proprietari di immobili esistenti in centro. Vuoi mettere invece un parco? Quello si che aumenta il valore degli immobili esistenti!
La narrativa prevalente ignora totalmente queste banali lezioni che ogni studente del primo anno di economia dovrebbe essere capace di raccontare. E capovolge la narrativa con una lettura ideologica. I grattacieli fanno male ai poveri!
Questo ovviamente non significa che, se il sindaco Sala ha commesso degli illeciti (cosa che al momento non appare), non dovrebbe essere processato. Significa solo che dobbiamo essere consci di quali sono i veri interessi in campo. E così forse appare più chiara la natura della levata di scudi di Milano, ma anche Bari, non come istanza egualitaria e ambientalista, ma come rivolta di una parte della borghesia affluente. Al massimo questo si può qualificare come scontro tra fazioni della borghesia, da un lato la rendita immobiliare dall’altro l’imprenditoria delle costruzioni. Da questo punto di vista esso ricorda molto da vicino il conflitto descritto nel suo modello da David Ricardo all’inizio dell’800 tra l’aristocrazia terriera e l’imprenditoria importatrice inglese. E serve molto a capire se siamo in effetti una società capitalistica o ancora una forma ibrida con l’Ancien Regime.








